Qual’è la tua etica lavorativa?

Lavoreresti per una compagnia che produce armi? Sei lì ad assemblare pistole e fucili, che verranno usate in guerre per uccidere soldati ma probabilmente anche molti civili, e molti bambini. Lo stipendio è buono e l’ambiente di lavoro confortevole comunque.

etica-lavorativa-fronteForse no, ma lavoreresti per quella compagnia solo come contabile invece? Non sei lì ad assemblare pistole fisicamente, ma a lavorare su un computer in uno dei loro uffici, con file excel e roba simile. Il tuo lavoro contribuisce ancora alla causa di una compagnia che uccide persone per affari, ma tu non tocchi mai le armi personalmente.

Ancora no? Ok, allora che ne dici delle sigarette? Lavoreresti per una compagnia che produce sigarette? Anche loro ti offrono un buono stipendio e un ambiente di lavoro confortevole. Stai ancora lavorando per una compagnia che uccide persone per affari: solo molto molto lentamente, e in un modo che è socialmente accettato. Forse non è il lavoro creativo che avevi sognato… ma se lo stipendio è buono… forse non ti dispiacerebbe, non è così?

Che ne dici del gioco d’azzardo? Accetteresti un lavoro in cui produci macchine per il video poker? A questo è molto più facile dire di si: la tua compagnia non sta nemmeno danneggiando la salute di nessuno in questo caso, si sta solo approfittando di persone che non sono coscienti di come funziona la statistica di quelle macchine. Un buono stipendio ti farebbe sentire OK col fatto di fornire il tuo lavoro a tale compagnia?

Prossimo: diresti di si a un lavoro nella pubblica amministrazione? Qui lavoreresti in un tipico ufficio pigro del governo: il lavoro è molto stabile e un buono stipendio è sempre garantito: sia che tu lavori duramente o a malapena. Occasionalmente puoi anche avere l’impressione di essere produttivo, ma gran parte del tempo realizzi che il tuo intero ufficio non sta facendo nulla per la società (a parte tenere una dozzina di impiegati occupati a mischiare carte).

La penultima proposta è lavorare per un ristorante che serve cibo di alta qualità: gustoso, salutare e prodotto sostenibilmente. Sei tornato al settore privato, ma questa volta non solo la tua compagnia non è dannosa o improduttiva, sta persino producendo del valore per la società (il cibo di alta qualità). In questo caso però lo stipendio è solo mediocre, e devi lavorare tanto. Come ti senti rispetto a questa proposta? Ti attrae più o meno delle precedenti?

E domanda finale: lavoreresti per un’organizzazione noprofit senza nessuno stipendio? Nessuno stipendio significa che probabilmente devi usare il tuo tempo extra per generare reddito in qualche altro modo. L’organizzazione aiuta le persone che hanno bisogno e l’ambiente, ma per te individualmente questo significa lavoro duro e parecchie situazioni difficili da affrontare.

Azione individuale VS azione globale

Mentre esaminavi le proposte precedenti, considerando quali lavori accetteresti e quali no, hai notato che ho formulato le domande in una maniera specifica: non ho menzionato solo il lavoro individuale che faresti (es. assemblare pistole) o le condizioni individuali che otterresti (es. buono stipendio), ho sottolineato anche l’azione globale che la tua compagnia farebbe nella società, grazie anche al contributo del tuo lavoro.

Questo è un punto di vista importante che raramente viene considerato. Quando si tratta di valutare un lavoro, spesso veniamo educati ad adottare una prospettiva ristretta: guardiamo solo l’ufficio in cui ci troviamo, e i colleghi che abbiamo intorno. E se in questa piccola bolla le nostre condizioni personali (stipendio, ambiente di lavoro) sono buone, allora il lavoro è “buono”. Ma raramente includiamo nelle notre valutazioni l’intera entità: la compagnia per cui lavoriamo. Se le diamo il nostro lavoro… che cosa la stiamo aiutando a fare? Che tipo di impatto ha la nostra compagnia nel mondo?

Sono sicuro che molti di noi sarebbero avversi alla proposta diretta di assemblare pistole (specialmente sapendo che verranno usate per uccidere bambini), però la mia impressione è che allo stesso tempo siamo spesso in una situazione che è simile alla situazione del contabile: ci troviamo in un ambiente di lavoro che apparentemente è professionale e inoffensivo, quindi non realizziamo che indirettamente stiamo aiutando qualche entità più grande ad avere un impatto negativo nel mondo.

Ampliare la prospettiva e considerare l’entità più grande è necessario per determinare qual’è la nostra etica lavorativa, perché è il punto di partenza per decidere quanto siamo disposti a scendere a compromessi per mantenere benefici personali.

Personalmente, come esempio, la mia etica lavorativa mi dice di non dare il mio lavoro a compagnie la cui azione globale risulta nella produzione di incoscienza. Conseguenza interessante, questo principio spazza via gran parte dei lavori che esistono oggi, che in mia opinione abbassano sia la coscienza individuale del lavoratore che la coscienza globale dell’ambiente.

La mia etica lavorativa mi dice anche di non dare il mio lavoro a compagnie che sono improduttive e inefficienti, il tipo di compagnie che mi farebbero lavorare molte ore per produrre molto poco. Sapendo quante risorse l’universo ha impiegato affinché io sia qui (cibo, educazione… e naturalmente milioni di anni di evoluzione 🙂 ) mi sentirei davvero male a utilizzarle a non fare niente in un ufficio pigro. Questo secondo principio spazza via un altro grande numero di lavori moderni, che a me sembrano decisamente improduttivi.

Alcuni esempi di lavori che molto difficilmente accetterei perché disallineati con questi principi sarebbero lavorare per: una banca (istituzione parassitica che aggiunge zero valore alla società), un ristorante fast food (non vorrei contribuire a far star male la gente), una farmacia (preferisco educare la gente a evitare le malattie, piuttosto che a curarle quando le malattie le hanno già), un negozio di vestiti come Zara e H&M (troppa attenzione all’apparenza, e davvero non mi piace l’attitudine egotistica che le loro modelle indossano nei manifesti), uno stadio di calcio (sport come il calcio tendono a diventare calamite di massa per l’incoscienza), i notiziari in televisione (propaganda).

E ovviamente non lavorerei per compagnie che producono armi, sigarette, macchine di video poker, e preferisco stare lontano da lavori governativi improduttivi. Potrei accettare uno di questi lavori solo se in stato di bisogno disperato… o forse se mi offrissero uno stipendio talmente enorme che sentirei di poter usare tale stipendio per contrastare queste compagnie più di quanto le aiuterei col mio lavoro.

Anche se decisamente una minoranza, fortunatamente ci sono ancora molti lavori “sopravvissuti” che passano il test della mia etica lavorativa. Per esempio sono generalmente OK con lavori relativi alle faccende domestiche, giardinaggio, assistenza personale, agricoltura, turismo, educazione e arte (speratamente a condizione che questi lavori non servano entità produttrici di incoscienza anch’essi). In effetti faccio anche alcuni di questi lavori occasionalmente, anche se preferisco focalizzarmi su altri lavori che sono il mio forte E che producono reddito passivo.

Lavori non etici

Trovo piuttosto divertente che oggi, quando qualcuno dice che non mangia carne per motivi etici, la gente capisce ed è a proprio agio con la cosa, ma quando io dico che non ho un lavoro per motivi etici, la gente mi guarda stranamente.

Ma questa è davvero una delle mie ragioni principali: mi sentirei davvero male ad avere uno dei tanti lavori che sono comuni sul mercato del lavoro oggi, perché poco importa quanto stabile è la posizione e quanto confortevole è l’ambiente di lavoro, a livello più alto gran parte di questi lavori servono entità come banche, governi, corporazioni, e queste entità creano molti problemi per la società. Io non voglio contribuire a creare problemi.

Anche con il commercio in generale, un grande settore che impiega il lavoro di molte persone, tendo a sentire resistenza. Secondo me molti negozi che esistono (fisicamente nelle strade, o virtualmente su internet) vendono una quantità impressionante di oggetti non necessari, quindi lavorare per uno di questi negozi  significherebbe partecipare alla loro “cattiva” causa: il materialismo. E io vedo davvero il materialismo, in altri termini l’eccessivo focalizzarsi a possedere oggetti, come una grande fonte di infelicità per le persone e di incoscienza in generale.

La tua etica VS l’etica dei tuoi colleghi

Una citazione popolare di Jim Rohn è: sei la media delle 5 persone con cui spendi gran parte del tempo. Mi sembra che abbia molto senso.

Se spendi molte ore a settimana in un posto di lavoro, riesci a riconoscere che sei inevitabilmente influenzato dai tuoi colleghi? E se i tuoi colleghi hanno -in media- un’etica che è molto diversa dalla tua, quali sono le conseguenze su di te?

Io personalmente ho sperimentato grosse difficoltà in un precedente lavoro corporativo. Mi ci è voluto del tempo a realizzare che c’era una differenza problematica tra i valori che tipicamente circolavano in quell’ambiente lavorativo e i miei propri valori. Per esempio, nelle relazioni con clienti, manager e colleghi, frequentemente rilevavo una mancanza di autenticità che mi infastidiva.

Specialmente nelle riunioni, le persone difficilmente dicevano quello che stavano veramente pensando, e le bugie erano una pratica standard, per esempio per evitare di ammettere responsabilità nei ritardi a completare i progetti. In quelle situazioni, a volte mi “ribellavo” e dicevo comunque quello che stavo pensando, ma il più delle volte mi facevo trascinare dal flusso e dicevo anch’io molte bugie, per evitare discussioni continue. Sfortunatamente questo stava influenzando anche la mia vita personale, infatti mi accorsi che il numero di bugie che dicevo anche nella mia sfera privata stava aumentando, perché mi ci stavo abituando.

Penso che in generale sia molto difficile mantenere l’integrità e rimanere leale ai tuoi principi se nel tuo posto di lavoro vedi tutti gli altri andare costantemente contro quei principi. Per esempio, ancora nel caso specifico dell’autenticità, puoi provare ad essere autentico quanto vuoi nel tuo lavoro, ma il problema è a più alto livello: il tipo di lavoro stesso, il settore in cui ti trovi. Alcuni posti di lavoro sono inevitabilmente condannati ad essere pervasi da non autenticità perché appartengono a uno stabilimento che è inerentemente basato su una bugia.

Questo è il caso, ad esempio, dell’intero stabilimento bancario, che siede sulla bugia che il denaro cartaceo sia garantito da qualche valore. Questa bugia alla radice inevitabilmente raggiunge tutti i livelli dello stabilimento, dalle riunioni al vertice dei banchieri d’elite, alle relazioni tra “semplici” impiegati di banca ai livelli più bassi: in generale saranno tutti più proni a mentire rispetto, per esempio, alle persone che lavorano nell’agricoltura.

Similarità esistono in altri settori: la politica (siede sulla bugia che gran parte dei politici lavorino per servire i cittadini piuttosto che se stessi), i notiziani dei mass media (siedono sulla bugia che siano prodotti per informare il pubblico), la pubblicità (le bugie sono la fondazione dell’intero business), e così via.

Alcuni settori in generale hanno un cattivo karma, quindi se lavori in quei settori -a qualunque livello- metti te stesso in una situazione i cui i tuoi valori vengono costantemente messi alla prova. Come si suppone che tu mantenga una forte etica lavorativa lì dentro? Non sarebbe più facile semplicemente migrare a un altro settore con un karma migliore?

Ultime domande

Voglio finire questo articolo proprio come l’ho iniziato, con alcune domande.

Cosa sei disposto a fare in cambio di uno stipendio?

Se hai un lavoro, sia che tua stia lavorando come impiegato che come imprenditore, che cosa fa la tua compagnia? Che tipo di impatto ha nel mondo: positivo, negativo, irrilevante? La tua compagnia promuove il materialismo e il consumismo, rendendo la società più miserabile? Promuove scienza e arte, rendendo la società più felice?

In che direzione sta spingendo la tua compagnia, e di conseguenza in che direzione stai spingendo anche tu dandole il tuo lavoro? Se stai lavorando dentro una bolla confortevole ma quella bolla è inclusa in una grande cattiva bolla, questo è OK per te? È in linea con la tua etica lavorativa?

La tua compagnia aggiunge valore al mondo, sottrae valore dal mondo, o forse non sta facendo niente di significativo, cosicché se tu e i tuoi colleghi andate a lavoro ogni giorno o no… la società fuori non noterebbe nemmeno la differenza?

E quelle persone che accettano lavori difficili per organizzazioni noprofit -senza nemmeno venire pagati-, qual’ è la loro motivazione?


Audio:

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5 Idee fresche per imprenditori

1. Micro casa da affittare. Avere una proprietà da affittare per brevi periodi a non residenti (turisti, viaggiatori d’affari…) è ottimo per produrre reddito passivo. Oggi ci sono molte piattaforme online specializzate negli affitti brevi, come il famoso Airbnb. Però gli immobili sono costosi. Possedere una proprietà tradizionale da affittare, in un’area che ha abbastanza domanda da parte dei viaggiatori, usualmente richiede un grosso investimento iniziale.

idee-per-imprenditori-micro-casa-da-affittare-tLe micro case possono essere una soluzione brillante. Sono case molto piccole che rispondono a una filosofia minimalista, molto attraenti per le persone con una mentalità “green” e a cui piacciono gli stili di vita alternativi. Puoi comprare una micro casa, sono decisamente più economiche delle case tradizionali, o anche costruirne una tu stesso e creare un gioiello architettonico unico, e con un budget molto piccolo ritrovarti già una proprietà elencata e attiva su Airbnb.

Questa è un’ottima idea, la sfida principale è dove piazzare la tua micro casa: usualmente non puoi posizionarla nel bel mezzo di una città, o violeresti regolamenti locali, ma allo stesso tempo non vuoi posizionarla troppo lontana dal centro, in campagna, o probabilmente non ci sarà abbastanza domanda da parte dei viaggiatori. Se puoi comprare (o affittare) un pezzo di terra proprio in prossimità di una città, trovando quel posto giusto che si trova non troppo vicino e non troppo lontano, è perfetto!


2. Petting zoo. In caso non te ne sia accorto, l’intrattenimento per bambini è una nicchia calda. I genitori sono costantemente in cerca di attività per i loro figli che siano divertenti, sicure, e possibilmente educative. Ma mentre oggi c’è un’enorme offerta di intrattenimento virtuale (videogiochi, tv…), molti genitori faticano a trovare attività eccitanti per i loro bambini nella vita reale, specialmente quelli che vivono in città. Una ottima idea è creare un petting zoo per queste famiglie.

idee-per-imprenditori-petting-zoo-tUn petting zoo non deve necessariamente avere animali esotici o costosi: molti bambini che vivono in città non vedono o toccano mai un animale reale in ogni caso, quindi saranno super felici di coccolare anche animali comuni come galline, conigli, caprette, tartarughe. È un vero tipo di impresa che produce felicità: poche cose possono essere terapeutiche -anche per gli adulti- come stabilire un contatto con un animale! Ammetto che sono molto parziale nel dire che questa è un’ottima idea: amo la natura e mi piacerebbe molto creare una impresa di questo tipo in futuro (potrei finire per farlo).

Una mossa furba è introdurre nel tuo petting zoo anche semplici attività educative, per esempio mostrare semi germinati, spiegare come le galline fanno le uova, fornire educazione di base sull’alimentazione, etc… Questo “fattore educativo” probabilmente compiacerà anche i genitori, e renderà il tuo zoo ancora più attraente. Nota che la sfida principale con questa idea è ancora la località: devi trovare un po’ di terra in periferia di una città dove costruire il tuo petting zoo, facile da raggiungere per le famiglie con una breve gita.


3. Mini distributori automatici. Al momento in cui scrivo questo, praticamente tutti i distributori automatici che vengono venduti sul mercato sono grandi, ingombranti, visto che sono pensati per bar/ristoranti ed edifici pubblici. I pochi esistenti che sono piccoli abbastanza da poter essere piazzati su un tavolo sono ridicolmente in sovrapprezzo, e vendono solo una gamma molto limitata di prodotti, come caffè e bevande in lattina, o sono appena poco più che giocattoli che distribuiscono caramelle.

idee-per-imprenditori-mini-distributori-automatici-tMa visto che sempre più persone affittano le loro case su piattaforme come Airbnb, sempre più persone saranno interessate a installare mini distributori automatici per proporre ai loro ospiti una gamma di prodotti come souvenir turistici, libri, snack. Non hanno abbastanza spazio per una macchina gigante alta 1 o 2 metri, ma se possono trovarne una piccola per la loro cucina saranno molto interessati a comprarla.

Il grandioso e ovvio beneficio dei distributori automatici è che generano reddito passivo. Ovviamente: un mini distributore automatico in uno spazio piccolo come una casa privata genererà solo un mini reddito passivo, magari tipo 10-20 euro al mese, ma visto che il reddito è così tanto passivo, molte persone saranno comunque interessate ad averlo. Ti divertiresti a produrre mini distributori automatici? Considera bene l’idea, sento che venderebbero molto bene.


4. Escape room. Un’altra idea per un’impresa che sarebbe molto divertente e che richiede solo un piccolo investimento: è di nuovo intrattenimento nella vita reale, ma questa volta per adulti. A chi non piace giocare all’investigatore e risolvere misteri? Le escape rooms sono stanze in cui i partecipanti sono “intrappolati”, visto che le porte sono serrate o magari non esistono affatto apparentemente, e devono trovare una via di fuga entro un certo periodo di tempo, tipo 1 ora.

idee-per-imprenditori-escape-room-tLa stanza può avere un infinito numero di stili: da una normale stanza di casa, a un ufficio, a un castello, a una giungla, a uno scenario futuristico. Sfiderà i suoi prigionieri con una serie di enigmi, e solo risolvendo questi enigmi i prigionieri troveranno la chiave per fuggire in tempo e raggiungere la “salvezza”.

C’è un enorme spazio per la tua creatività qui: gli enigmi possono prevedere la cooperazione tra i partecipanti ma anche la competizione, uno dei partecipanti potrebbe essere tuo complice e creare disordini nel gruppo, la chiave potrebbe essere una chiave fisica, nascosta da qualche parte, o una parola segreta da pronunciare, la via di fuga potrebbe essere una porta regolare, un buco nascosto sotto un divano, o potresti far crollare le pareti della stanza come gran finale quando i prigionieri risolvono l’ultimo puzzle.

La fantasia è l’ingrediente più importante per il successo qui. Puoi decisamente cominciare in piccolo e creare una escape room con un budget minimo, finché i suoi enigmi saranno divertenti e intriganti per i partecipanti, poi più tardi potrai comprare decorazioni più costose ed effetti speciali, e certamente replicare il processo e costruire una seconda… terza… quarta… escape room con temi differenti.


5. Mobili inusuali. Produrre e/o vendere mobili è un’idea di business intelligente per diverse ragioni, una notevole è che i mobili non scadono. Sono qualcosa che una volta che li hai prodotti richiedono praticamente zero manutenzione, possono sedersi lì in negozio per sempre finché vengono venduti. Considera quanto meno lavoro è richiesto, ad esempio, rispetto a un negozio di alimentari che ha costantemente bisogno di rimpiazzare i cibi scaduti.

idee-per-imprenditori-mobili-inusuali-tSe entri nel mercato dei mobili ti ritroverai a fronteggiare la competizione di giganti come IKEA, ma non c’è bisogno di spaventarsi: loro producono solo mobili “standard” e piuttosto noiosi in grandi quantità, mentre tu puoi creare pezzi fantasiosi e strani, mirando alla nicchia del lusso. Ci sono sempre persone ricche a caccia di qualcosa di diverso e speciale.

Se ti piace il lavoro manuale in effetti puoi anche creare i mobili tu stesso, magari puoi cominciare producendo mobili di piccolo taglio in una officina, e poi gradualmente spostarti verso mobili più grandi e ambiziosi (da vendere a prezzi più alti). In ogni caso considera che anche solo vendere mobili in un negozio, fatti da qualcun altro, è una buona mossa: i mobili stanno seduti lì e si prendono cura di loro stessi, occasionalmente gestirai i clienti che entrano, per il resto puoi semplicemente lavorare a qualcos’altro al computer nel retro del negozio.


Note: Spesso ho più idee imprenditoriali di quante ne possa realizzare io stesso. Ho deciso di condividere queste buone che ho avuto nell’ultimo periodo, visto che so che a molti amici e conoscenti piacerebbe lasciare i loro lavori da impiegati e avviare un’impresa propria.

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Sogni e indovinelli

Forse siete già familiari con i sogni lucidi. Si tratta di quei sogni in cui magari siete impegnati a fuggire da un mostro che vi insegue, o state volando sopra una città, o magari state semplicemente viaggiando in macchina con la famiglia, ma a un certo punto vi rendete conto che quella situazione non è reale. Improvvisamente, un dettaglio vi sembra esagerato, fuori posto, e scatta la molla: acquisite lucidità e capite di trovarvi dentro un sogno, anziché nella vita vera.

A questo punto possono succedere due cose: la prima è che vi svegliate subito. E questa è decisamente quella che accade più frequentemente. Nel momento in cui acquisite lucidità lo scenario crolla e uscite dal sogno, ritornando in questo mondo.

La seconda cosa che può succedere è che non vi svegliate, almeno non immediatamente. Non svegliarsi una volta che si è acquisita lucidità è estremamente difficile, eppure c’è un grosso premio in palio per chi ci riesce: la possibilità di esplorare e soprattutto manipolare il sogno.

Il bello di non svegliarsi

Io trovo fortemente desiderabile non svegliarmi appena acquisisco lucidità dentro i miei sogni, e non credo certo di essere l’unico. Nel mondo esiste un numero di persone dedite all’onironautica, che provano ad avere sogni lucidi più o meno regolarmente, navigando dentro di essi e manipolandoli a piacimento.

Non è difficile capire il motivo di questo desiderio: dentro un sogno lucido puoi far accadere di tutto secondo la tua volontà, ma proprio di tutto: da fluttuare nello spazio, a chiacchierare con un faraone dell’antico Egitto, a emettere fulmini dalle mani. I limiti di questo mondo spariscono, eppure nello stesso momento “senti” le cose in maniera straordinariamente vivida: proprio come se fossero reali, pur essendo cosciente che non lo sono, visto che sei in uno stato di lucidità.

Se da lucidi avete volato nel cielo, non più costretti dalla forza di gravità che vi àncora al suolo, o se avete gironzolato liberamente sotto i mari, non più vincolati a dover respirare aria, allora sapete bene quanto meravigliose siano le sensazioni che si provano. E per questo probabilmente ve la state godendo così tanto che l’ultima cosa che volete fare è svegliarvi.

In effetti, quando io divento lucido dentro un mio sogno quasi sempre mi precipito a modificarlo e creare una situazione per fare sesso, il che la dice lunga su quanto “altamente spirituali” siano i miei desideri più profondi. Ma quando succede, lo faccio sempre con una certa ansia: so che potrei svegliarmi da un secondo all’altro e perdermi tutto il divertimento.

Mi dico sempre: “mantieni la calma, non agitarti, non svegliarti”, ma alla fine mi sveglio tipicamente nel giro di pochissimi secondi, piuttosto contrariato. La più lunga delle mie esplorazioni/manipolazioni dei sogni è durata forse 10 o 15 secondi.

Avere sogni lucidi è difficile

La dimensione dei sogni lucidi è estremamente affascinante da esplorare, eppure il problema di restarci per più che pochi secondi è già un problema successivo. Il problema principale è proprio avere sogni lucidi, in primo luogo. Infatti di solito solo una percentuale minima dei sogni che facciamo sono sogni lucidi.

Nel mio caso, ho buona memoria della percentuale dei miei sogni in cui ho acquisito lucidità. Ad esempio, ricordo chiaramente un sogno di qualche tempo fa in cui scappavo inseguito da un mostro, spaventatissimo, in cui a un certo momento mi fermato pensando “ehi ma che cavolo mi agito a fare? Questo mostro non può esistere, questo è chiaramente solo un sogno.”, al che mi sono rilassato e poi svegliato, poco dopo.

Sfortunatamente questo tipo di presa di coscienza mi capita raramente. Il più delle volte, dentro i miei sogni, sono talmente occupato a interagire con personaggi assurdi o a partecipare alle avventure più pazzesche, che proprio non mi accorgo che “qualcosa non va”. E quando alla fine del sonno mi risveglio nel mio letto, sono quasi incavolato con me stesso: come ho potuto non accorgermi che quella situazione non era credibile!

E se i sogni servissero a metterci alla prova?

Molte persone, tra cui io, si sono chieste spesso perché sognamo.

E’ affascinante pensare che i sogni siano una prova che ci viene riproposta ogni notte, che superiamo appunto solo accorgendoci di stare sognando, entrando quindi in uno stato di coscienza differente in cui abbiamo accesso a poteri enormi. Ed è affascinante pensare che qualcuno, o qualcosa, proietti ogni notte un’illusione nella nostra mente, lasciando come indizi dei dettagli fuori posto, e che sta a noi notare tali dettagli per accorgerci che stiamo subendo un inganno.

E’ affascinante pensare che i sogni non servano a farci dormire, ma a farci svegliare. Ma non necessariamente a farci svegliare per ritornare subito in questo mondo, ma a farci svegliare dentro i sogni stessi, in modo da imparare a utilizzare il potere di creazione che abbiamo.

In effetti, una possibilità è che i sogni normali, quelli non lucidi, per noi esseri umani non siano nient’altro che l’anticamera a un campo di “esercitazione”, quello dei sogni lucidi, in cui possiamo praticare l’abilità di creare scenari, persone, creature, situazioni secondo la nostra volontà.

Vi suona familiare?

Se conoscete quella che oggi è conosciuta come legge di attrazione, forse il parallelo vi è già venuto in mente a questo punto. La legge di attrazione è il principio secondo cui noi esseri umani creiamo la realtà che ci circonda con i nostri pensieri. Il mondo che abbiamo intorno altro non è che il riflesso del nostro mondo interiore, e il lavoro che facciamo, le persone che incontriamo, le situazioni che ci capitano quotidianamente, sono conseguenza dei pensieri che occupano la nostra mente.

La legge di attrazione è davvero molto popolare, e oggi ha un grandissimo numero di fans, anche se ho l’impressione che ben pochi ottengano risultati.

Il motivo secondo me è che anche se molti dicono di crederci a parole, cercando quasi di autoconvincersi che è così, in verità nel profondo dentro di loro non ci credono. E questo vale parzialmente anche per me: io credo alla legge di attrazione probabilmente molto di più della media delle persone, eppure sono cosciente di non crederci al 100%, non ancora almeno.

Ad esempio, credo di essere fortemente responsabile di quali persone sono presenti nella mia vita sociale, e credo di avere un enorme potere decisionale sulla quantità di denaro che guadagno, e in generale credo che la mia vita sia per molti aspetti meravigliosa proprio perché ho deciso di volerla così. Ma non credo ancora di poter far apparire della materia col pensiero. Potrei dire che ci credo a parole, e in un certo senso sento che “farei bene” a crederci, ma non corrisponderebbe a quello che sento dentro. Ci sono alcuni vincoli di questo mondo che mi sembrano ancora totalmente fuori dal mio controllo.

Eppure so bene che nei miei sogni lucidi invece posso fare tutto, incluso materializzare persone e oggetti, e infatti lo faccio (divertendomi parecchio). Allora chissà che i sogni lucidi non siano appunto una dimostrazione? Una dimostrazione che è possibile fare praticamente qualunque cosa, e che ci suggerisce l’idea di poter seguire un processo simile anche in questo mondo, usando la legge di attrazione.

E se anche questo mondo servisse a metterci alla prova?

All’idea che esistano due livelli, quello interno dei sogni che possiamo riuscire a manipolare diventando lucidi, e quello esterno di questo mondo che possiamo riuscire a manipolare usando le nostre credenze, segue naturalmente l’idea di estendere la struttura e pensare che possano esistere n livelli: altri ancora più interni a quello dei sogni, ed altri ancora più esterni a questo mondo.

livelli-dei-sogniChe esistano degli livelli interni al livello dei sogni in effetti lo sappiamo già: si tratta dei sogni incapsulati, quelli che sperimentiamo quando ci svegliamo da un sogno e ci ritroviamo ancora dentro un sogno. Quindi stavamo sognando di stare sognando. Anche di questi, che tecnicamente si chiamano falsi risvegli, io ho avuto esperienza. E questo tra l’altro è il tema su cui si sviluppa il film Inception, che è basato su un’idea molto originale, seppure a mio parere è stato realizzato in modo molto confusionario.

Che esistano degli livelli esterni al livello di questo mondo, invece, non lo sappiamo bene. Eppure l’idea che proprio questo mondo possa essere anch’esso un sogno, una sorta di illusione, è già stata suggerita da tantissimi autori in tantissime forme. Le prime che mi vengono in mente: il libro Il piccolo principe (l’essenziale è invisibile agli occhi), i libri di Peter Kingsley (quel che non è lì, di fronte ai nostri occhi, è usualmente più reale di quello che c’è), il film Matrix (in cui quella che molti conoscono come “realtà” è invece una proiezione creata dalle macchine), il film Truman show (in cui quella che il protagonista conosce come “realtà” è invece una proiezione creata da altre persone).

Se l’idea corteggiata in queste e molte altre opere è vera, e quindi questo mondo che siamo abituati a considerare assolutamente “reale” invece è anch’esso solo una specie di sogno, ne segue la vita che viviamo al suo interno può essere vista a tutti gli effetti come una prova, un rompicapo da risolvere, un indovinello. E il primo passo per arrivare alla soluzione sta proprio nel vedere l’illusione: acquisire lucidità anche qui.

La vita come un indovinello

Naturalmente, del fatto che la vita costituisca un gigantesco enigma e che quindi il nostro compito sia risolverlo, questo indovinello, non esiste alcuna prova. Né esiste prova che questo mondo che percepiamo coi nostri sensi sia solo parziale, e che esistano dei livelli esterni. Si tratta di un’affascinante speculazione.

Scegliere di credere che nella vita non ci sia niente di cui accorgersi, o scegliere di credere che nella vita ci sia qualcosa di cui accorgersi: questa è una decisione assolutamente personale, che tutti noi prendiamo più o meno coscientemente, basandoci esclusivamente sul nostro intuito. Nessuno potrà darci garanzia che abbiamo fatto la scelta giusta o sbagliata.

Eppure tenete in conto che questa scelta ha un impatto enorme sulla vita che ci ritroviamo a vivere. Perché nel primo caso sarà una serie di eventi, persone, immagini, che si susseguono senza un motivo particolare, fino alla morte. Nel secondo caso stiamo raccogliendo indizi. Quando degli eventi o delle persone entrano nella nostra vita, tendiamo a domandarci se ci sono entrate per farci accorgere di qualcosa. Sono lì per farci capire che ci stiamo facendo distrarre da illusioni? Sono lì perché le abbiamo materializzate noi?

Quando decidiamo che nella vita c’è qualcosa da scoprire (che ci si può svegliare, che si può manipolare fortemente il mondo esterno) noi stessi cambiamo tantissimo. Ci crescono dentro delle antenne che ci rendono più abili a notare le coincidenze, le cosiddette sincronicità, i deja vu. E tendiamo a mettere di più in dicussione le cose, senza dare per scontato che la realtà “sia la realtà” e basta.

Il mio indovinello personale

Io tendo a scegliere il secondo approccio: credo di essere in vita perché ho qualcosa da qualcosa da imparare, qualcosa da fare. E sento che c’è qualcosa da capire in tutta questa storia, anche se non mi è necessariamente ben chiaro cosa.

Il motivo di questa mia scelta è semplice: me lo dice il mio intuito, e oltretutto è anche l’opzione più eccitante.

Visto che nessuno può stabilire con certezza se è vero o no che la vita sia una specie di sogno, in cui c’è effettivamente da svegliarsi rispetto a qualcosa, decido io che è così. Mi sembra la decisione più sensata visto che riempie la vita di una magia particolare, una magia che io ho avuto la fortuna di provare già diverse volte.

Mi sono svegliato da una serie di illusioni che mi hanno tenuto distratto per anni in passato, ad esempio l’importanza del denaro, e questo è stato il punto di partenza da cui sono davvero iniziate ad apparire -o moltiplicarsi- cose magiche nella mia vita. I tramonti di una bellezza indescrivibile, le avventure di viaggio e le esplorazioni in posti nascosti, tutti per me, le persone che mi hanno fatto sentire capito e amato, scenari e atmosfere completamente nuovi, sono entrati nella mia vita solo dopo aver acquisito lucidità, dopo essermi liberato da delle illusioni ridicole dentro le quali prima mi muovevo e mi agitavo, incosciente.

Penso di essermi svegliato rispetto a una certo numero di llusioni, e per certi versi penso di vivere in questo mondo in uno stato di lucidità, ma probabilmente si tratta di un risveglio parziale. Probabilmente ci sono ancora molte altre illusioni che mi distraggono e mi tengono addormentato, ma di cui ancora non riesco ad accorgermi. Chissà quali e quante sono.

In effetti mi chiedo fino a che grado ci si può svegliare in questo mondo. Si può riuscire a notare abbastanza indizi da raggiungere una sorta di risveglio completo? Si può riuscire ad acquisire un livello di lucidità tale da poter davvero applicare efficacemente la legge di attrazione, e manipolare al 100% la materia e gli eventi?

E’ affascinante chiedersi se qualcuno c’è mai riuscito nel corso della storia, e se si in quanti. E dopo che fine hanno fatto? Sono ancora in questo livello, impegnati a plasmare l’universo, o si sono svegliati in un livello successivo, alle prese con un altro sogno più grande?

Chissà quanti sogni ci sono in totale nella struttura a cipolla? Chissà quanti sono gli indovinelli da risolvere?


Note: ho scritto che nei miei sogni lucidi “posso fare tutto”, ed è così, però voglio precisare che io spesso sperimento una certa inerzia nel manipolare i miei sogni. Quando divento lucido, se ad esempio provo a materializzare delle persone, queste di solito non appaiono immediatamente ben delineate, ma le loro sembianze si formano lentamente, con una certa fatica, e nello sforzo di renderne chiaro l’aspetto spesso mi sveglio. Mi chiedo se dipende dalla mia poca pratica.

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La direzione di questo blog

Chi tiene d’occhio questo blog avrà sicuramente notato che ultimamente pubblico meno frequentemente, e che i post si sono fatti più lunghi e più “seri”. Questo cambio di direzione non è casuale, ma è conseguenza di una serie di valutazioni che ho fatto su cosa voglio che sia questo blog, e sulla strategia che voglio seguire per diffonderne i contenuti.

Cancellare o non cancellare?

Se dò uno sguardo a quello che pubblicavo fino a qualche tempo fa, ammetto che mi vengono i brividi. E non solo qui sul blog, ma in generale su internet: ho scritto e detto una marea di stupidaggini, cose superficiali o insignificanti, commentato articoli/video altrui con odio, razzismo, sarcasmo, ego. Gli stadi della stupidità li ho attraversati proprio tutti -non me ne sono fatto mancare nessuno- e adesso li riconosco in tutte quelle scemenze pubblicate in passato.

Il primo che mi viene in mente è un video su Youtube in cui discutevo le insensatezze del sistema scolastico in Italia, in cui il punto centrale era che secondo me si fanno studiare i ragazzi per troppe ore, e oltretutto spesso facendogli memorizzare nozioni inutili. Sono ancora d’accordo con molti punti espressi in quel video, ma in un pezzo includevo, tra le materie di studio “inutili”, la filosofia. Il che oggi mi sembra una follia, perché adesso considero la filosofia una delle cose più importanti da insegnare ai ragazzi.

In maniera analoga, ho cambiato idea su tantissime altre cose, e la tentazione di cancellare molte delle stupidaggini pubblicate in passato è forte, però ancora resisto. Dopotutto, dove piazzare la linea al di sopra della quale “va bene”? Quali articoli e video che ho pubblicato sono abbastanza buoni per essere lasciati su internet, e quali sono al di sotto della soglia di tolleranza? Fare questa pulizia mi darebbe troppo la tentazione di lasciare online solo pochissime cose prodotte che considero di “alto livello”, e sarebbe pericoloso perché alimenterebbe il mio perfezionismo.

Oltretutto, rileggo le cose stupide e superficiali che ho pubblicato in passato con un certo affetto, perché mi ricordano il percorso che ho fatto per arrivare qui.

Spesso ascolto e leggo le idee di molte persone che producono contenuti su internet, che mi piacciono e che seguo, e mi sembrano così dannatamente sagge, intelligenti e piene d’amore, che non riesco proprio a immaginare che quelle persone siano mai passate attraverso tutta questa stupidità per arrivare a quello stadio di “evoluzione”. Mi viene quasi da pensare che siano state, più o meno, sempre così.

Ma io no. Non che adesso mi consideri particolarmente saggio, intelligente o pieno d’amore, ma almeno mi sembra di essere molto più maturo di quanto ero fino a pochi anni fa. Sono cambiato tantissimo in questi ultimi anni, un cambiamento sicuramente non indolore, ma di cui sono piuttosto orgoglioso. Eppure è avvenuto facendo tutti gli errori possibili e immaginabili, nessuno escluso.

C’è ancora spazio per errori e stupidaggini

Naturalmente, non c’è da preoccuparsi: di errori e stupidaggini probabilmente continuerò a produrne a pacchi. Immagino che in futuro leggerò quello che scrivo in questo periodo e penserò “come potevo non accorgermi di quanto era stupido!” o “come mi è saltato in mente di pubblicare una tale idiozia!”.

Né ho l’intenzione di mettere al bando ogni argomento superficiale dal blog, e scrivere solo di temi profondi e seri, suona piuttosto noioso. La capacità di spaziare da temi come la spiritualità e l’economia, a temi come il Centipede umano e Two girls one cup*, è una delle cose che più apprezzo della mia personalità. Cercai di spiegare questo lato del mio carattere nel post Inseparable emotions. Oltretutto, spesso gli argomenti superficiali sono un ottimo materiale di base per sviluppare post o video divertenti, che facciano ridere. E ridere e far ridere è decisamente una delle missioni della mia vita.

Resta comunque il fatto che ho deciso di cambiare l’approccio a quello che pubblico (e a come lo pubblico) qui sul blog e nei vari siti internet collegati, non appena mi sono chiarito nella testa alcune cose. Innanzitutto:

Cosa voglio che sia questo blog

Capire cosa volevo che fosse questo blog è stato un processo molto graduale, che ha richiesto parecchio tempo. Che volessi uno spazio per dare voce a tutte le mie “teorie”, quelle con cui tormento puntualmente amici e parenti, era ovvio già tantissimi anni fa. Così come era ovvio che l’argomento centrale del blog sono proprio io: le mie idee, le mie opinioni, la mia visione del mondo. Per cui è stato subito evidente che il nome del dominio da usare dovesse essere il mio: Paolo.

Un altro paio di aspetti, invece, sono diventati chiari solo dopo molto tempo, ma oggi finalmente anche di questi sono piuttosto sicuro.

Innanzitutto, voglio che questo blog sia uno strumento per produrre bellezza. Per distribuire idee interessanti, originali, utili, che possano migliorare la vita delle persone. Ed è questa la motivazione per cui passo ore a scrivere articoli o produrre video su argomenti che considero “importanti”, impegnandomi a descrivere le idee con chiarezza e semplicità.

Voglio anche che questo blog sia un diario personale, in cui posso raccontare, alternandole agli articoli di interesse generale, le esperienze della mia propria vita. Quello che mi succede, le persone che incontro, i luoghi che esploro, le situazioni che mi capitano durante le mie giornate, e cosa mi sembra di imparare da tutto ciò. Mi piace poter tenere sul blog una traccia del mio percorso di sviluppo personale.

Inoltre, voglio che il blog sia qualcosa che mi corrisponde davvero. Voglio poterlo aprire e ritrovarmi in uno spazio che sappia di me: dallo stile grafico, agli articoli, ai video, alla musica: qualcosa che sia originale, autentico, talentuoso, tormentato, comico. Il che è facile a scriversi ma non a farsi, naturalmente, ma questo almeno è l’obiettivo.

La strategia

Dopodiché c’è la questione della strategia da seguire, che spiega perché da un po’ i post sono piuttosto infrequenti, ma sono piuttosto lunghi.

Il motivo è molto semplice: non voglio diluire i contenuti. Fino a qualche tempo fa pensavo non c’è niente di male a pubblicare sia post seri e pensati a lungo, sia aggiornamenti casuali riguardanti i fatti del giorno, o sciocchezze superficiali tanto per ridere. E infatti è quello che facevo.

Ma poi mi sono reso conto che così facendo diluisco l’efficacia dei messaggi che affido a quei post più lunghi e articolati. E visto che internet ormai viene inondato quotidianamente di contenuti di poco valore -ogni giorno appaiono in rete milioni di nuovi articoli, video, notizie, per la stragrande maggioranza insignificanti- non ha senso cercare di mantenere il ritmo e pubblicare anch’io contenuti con frequenza tanto “per mantenere l’interesse”. Competere puntando sulla quantità, non mi sembra che abbia più molto senso.

La mia considerazione è che ormai la massa di contenuti prodotti dall’umanità è enorme, direi forse eccessiva, e questo si vede sia su internet, dove gran parte dei contenuti insignificanti vengono pubblicati e ignorati, cadendo nel dimenticatoio di internet e praticamente “sparendo” dai motori di ricerca, ma anche nel mondo reale, ad esempio nelle librerie, dove nuovi libri appaiono sugli scaffali a ritmi velocissimi, spesso per vendere solo poche copie e poi sparire dalla vista anch’essi.

La strategia migliore resta, secondo me, competere puntando sulla qualità. Questa ha ancora molto senso. Anche se pubblico nuovi articoli e video più raramente, se i loro contenuti sono “forti”, la gente li cercherà e li raggiungerà. E voglio che la gente sappia che quando raggiunge il mio blog, dentro ci troverà contenuti di alta qualità, senza dover fare la scrematura tra altre sciocchezze pubblicate tanto per pubblicare qualcosa.

Naturalmente, mi continua a venir voglia, ogni tanto, di scrivere pensieri su argomenti superficiali o commentare i fatti del giorno, e fortunatamente per questo ci sono i social network. Quando voglio pubblicare qualcosa di poco valore, o condividere contenuti non originali -quindi prodotti da altre persone- posso semplicemente farlo sui social network. La gente sui social network non ha voglia di assorbire idee o contenuti in ogni caso, ma quasi sempre va lì solo per scorrere in modo veloce e superficiale tra contenuti “facili”, che non provochino alcuna riflessione.

Questo blog invece è la destinazione migliore per quelle che considero le mie idee migliori. Sembra ovvio adesso, eppure ho dovuto pubblicarci sopra una certa quantità di stupidaggini prima di capirlo.

Fino alla prossima valutazione della situazione quindi, la strategia sarà questa: tenere separati gli ambiti, e puntare più sulla qualità che sulla quantità.


Note: * nel caso non li conosciate, si tratta di due film piuttosto popolari con lo stesso attore protagonista: le feci umane.

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Tecniche di manipolazione dei media

Molte persone sono convinte di avere delle opinioni proprie: riguardo la politica, l’economia, la cronaca, lo sport, e via dicendo. Ma in realtà spesso le loro opinioni non sono le loro: sono nate, cresciute, e si sono orientate, sotto la guida scaltra di articolisti di giornali, o produttori di notiziari. Le opinioni della gente vengono fatte ricadere dentro un solco già scavato in precedenza.

tecniche-di-manipolazione-mediatica-fronteIn questo articolo ho deciso di raccogliere alcune tecniche di manipolazione che i media usano per influenzare le masse, tra quelle che io riesco a vedere, e tra quelle che più mi impressionano per quanto sono subdole e dannatamente efficaci. Queste tecniche vengono utilizzate dai media più o meno sempre per gli stessi scopi:

  • ricevere attenzione (e quindi soldi tramite pubblicità)
  • portare avanti l’agenda di qualche partito politico o corporazione

Naturalmente le persone che vengono influenzate dai media non ne sono mai coscienti  -loro pensano di avere opinioni “personali” e “libere”- per cui spero che, se sei vittima di una di queste tecniche di manipolazione, questo articolo possa esserti utile ad accorgertene. Iniziamo dunque con un grande classico:

1. Puntare costantemente i riflettori su personaggi che contano poco

tecniche-di-manipolazione-mediatica-personaggi-che-contano-pocoUn pilastro fondamentale della manipolazione mediatica è tenere al centro della scena, costantemente, personaggi che contano poco. Spesso si tratta di personaggi propensi a fare uscite forti, razziste, sessiste, che generano facilmente indignazione nel pubblico. Questi personaggi, della cui impopolarità i media sono perfettamente coscienti, vengono intervistati frequentemente, e le loro sciocchezze vengono immediatamente riprese da tutti i giornali generando dei “flame” tra la gente, cioè discussioni infuocate.

Dal canto loro, questi personaggi che contano poco sono spesso compiaciuti dell’attenzione ricevuta, e non sono essi stessi coscienti di essere pedine di un gioco molto più grande, un gioco il cui scopo vero è tenere dietro le quinte, lontani dai fari e sconosciuti ai più, i volti e i nomi dei personaggi che contano per davvero: banchieri, lobbisti, capi di corporazioni, e questi di certo si vedono molto meno nei notiziari.

Funziona benissimo: la gente concentra tutto il suo odio e i suoi insulti su personaggi irrilevanti, senza accorgersi che la vita pratica che fa tutti i giorni (sveglia – caffè – di corsa fuori casa – traffico – ufficio – spesa…) dipende invece fortissimamente dalle decisioni di ben altri personaggi, che lontani dai riflettori esercitano il potere indisturbati.

Magari, a volte, anche questi altri personaggi hanno pensieri razzisti o sessisti, ma si guardano bene dal dargli voce in televisione: loro sono abbastanza intelligenti da non fare dichiarazioni che ne potrebbero compromettere l’immagine pubblica, e stanno ben attenti a non sovraesporsi. Preferiscono lasciare i burattini al centro della scena.

2. Puntare costantemente i riflettori su luoghi che contano poco

tecniche-di-manipolazione-mediatica-telecamere-parlamentoDavvero pensi che sia il parlamento il luogo in cui si prendono le decisioni importanti? Raramente. Le decisioni importanti ormai si prendono in tutt’altri luoghi: in ville private, sui tavolini dei bar, nei ristoranti. E le prendono appunto quei personaggi sconosciuti alla massa, che discutono di accordi miliardari indisturbati dalle telecamere.

Nel frattempo i media continuano a dare ampia copertura a quello che succede in parlamento: le votazioni, le dichiarazioni dei politici, le bagarre in aula quando l’opposizione si scalda, i battibecchi su questioni marginali, e via dicendo.

Intendiamoci: in teoria avrebbe davvero molto senso tenere puntata l’attenzione sul parlamento… se il parlamento fosse davvero il luogo dove si fanno le leggi. Purtroppo in pratica, e questo vale per molti governi, il parlamento nella sua globalità è una macchina di una inefficienza mostruosa, che produce una legge ogni morte di papa. Non è questione di destra, sinistra, centro o opposizione: è proprio il parlamento intero che è un organo improduttivo.

E nei pochi casi in cui arriva davvero a produrre una legge, il processo spesso è ben poco democratico. Infatti non c’è nessun dialogo tra le parti: ogni politico si alza, prende il microfono, fa le sue dichiarazioni che gli avversari a malapena ascoltano, e si siede. La scena si ripete a parti invertite. Dopodiché si vota seguendo indicazioni arrivate dall’alto, dai capi delle due fazioni, che spesso non sono nemmeno seduti parlamento, o addirittura non ne fanno parte affatto (lobbisti, banchieri, etc).

In maniera analoga al caso precedente quindi, una seconda tecnica di manipolazione mediatica -efficassima- consiste nel puntare costantemente i fari sul parlamento, suggerendo l’idea che è quello il centro dell’azione, lasciando invece che ai tavolini di un bar, a pochi isolati di distanza, qualcun altro stia decidendo le sorti del paese davanti a un caffè.

3. Inondare blog e giornali online di trolls

tecniche-di-manipolazione-mediatica-trolls-internetCasomai non foste familiari con il gergo di internet, nell’ambito dei blog e dei siti di notizie online, un troll è qualcuno che commenta un articolo con degli scopi ben precisi: creare divisioni nella comunità, ridicolizzare l’autore, insinuare dubbi tra i lettori, smorzare gli entusiasmi.

L’elite che detiene il potere ha capito una cosa: è facile manipolare il pubblico attraverso i vecchi media monodirezionali, come la televisione. Con la televisione la propaganda viene propinata agli spettatori, senza che questi possano fare molto più che assorbirla. Ma è molto più difficile tenere sotto controllo internet. Non solo esiste una varietà enorme di siti di opposizione che diffondono contenuti “scomodi”, ma quegli stessi siti di opposizione permettono uno scambio bidirezionale: gli utenti possono commentare gli articoli, discutere tra di loro, mettersi in contatto. E tutto ciò è estremamente pericoloso per chi detiene il potere.

La tecnica più efficace che hanno trovato per manipolare le persone quindi -anche su internet- è quella di inondare questi siti di trolls. Trolls che, non appena viene pubblicato un nuovo articolo dai contenuti potenzialmente “pericolosi”, si mettono all’opera e lo riempiono di commenti carichi di scetticismo, pessimismo, sarcasmo, o in cui semplicemente insultano gli altri utenti reali creando dei flame, così che se non altro distolgono l’attenzione dal tema originale che veniva discusso nell’articolo.

I trolls sono difficili da identificare, soprattutto perché grazie all’anonimato tipico di internet possono apparire con nomi diversi, e sembrare numericamente molti più di quanti sono in realtà. L’efficacia del loro lavoro si gioca sul fatto che molte persone hanno una tendenza naturale a lasciare che la propria opinione si allinei all’opinione collettiva (o almeno che percepiscono come l’opinione collettiva).

Nonostante ciò, con un po’ di esercizio svilupperete abbastanza fiuto da riuscire a smascherarli con agilità, e a quel punto vi accorgerete anche di quali sono i siti che fanno vera opposizione al sistema, perché solitamente sono proprio quelli in cui l’infestazione dei trolls è più grave.

4. Distrarre il pubblico con i diritti

tecniche-di-manipolazione-mediatica-pinkwashing2I media utilizzano diverse strategie per distrarre il pubblico, portando l’attenzione generale via da tematiche importanti e riposizionandola su tematiche minori. Un buon esempio è il grande risalto che danno ai “diritti”, e di questi un caso popolarissimo sono i diritti delle donne e degli omosessuali.

Una parola che spiega estremamente bene questa tecnica è il pinkwashing, cioè il lavaggio del cervello “rosa” che viene effettuato sul pubblico ad opera di governi e corporazioni. I media sono pieni di esempi di pinkwashing: prodotti alimentari che sponsorizzano la ricerca per il cancro al seno, interviste a politici che ripetono come un mantra l’importanza dei matrimoni gay, paesi che promuovono il turismo LGBT e facilitano eventi come il gay pride.

Tutte ottime cause naturalmente… se non fosse che questi governi e corporazioni spesso sono così tanto amichevoli nei confronti delle donne e degli omosessuali più che altro per convenienza (dopotutto è una strategia che costa poco e che dà ottimi risultati in termini di reputazione), ma soprattutto se non fosse che mentre come facciata sono così sensibili ai problemi delle categorie interessante, dietro le quinte adoperano delle pratiche orrende, che vanno dal “poco etico” al “criminale”.

Infatti, da una parte una corporazione alimentare sottolinea l’importanza della prevenzione nella salute delle donne, dall’altra dietro le quinte riempie i propri snack di additivi chimici che danno assuefazione (spesso cancerogeni tra l’altro…) e utilizza modelli di mercato distruttivi per l’ambiente. Da una parte un governo trasmette in televisione frequenti spot pro-gay e in nome dell’uguaglianza, dall’altra dietro le quinte colonizza territori stranieri e pratica la segregazione razziale. E così via.

C’è una forte componente emozionale, quella di donne e omosessuali, che viene sfruttata per manipolare il pubblico. Tra le persone che appartengono a queste categorie, che spesso storicamente sono state svantaggiate, e che più frequentemente sono state vittime di abusi, c’è un forte desiderio di validazione. E chi controlla i media l’ha capito bene: fornisce questa validazione battendo in continuazione il tasto dei loro diritti, per poi poter calpestare i diritti di molte altre categorie senza troppe interferenze.

5. Distrarre il pubblico con problemi insignificanti

test-doggyUna seconda tecnica che i media usano per distrarre il pubblico è discutere problemi insignificanti, e tra questi un caso che mi piace citare spesso è quello dell’abbandono dei cani.

In Italia è un grande classico, che viene riproposto a ogni estate. Stando allo spazio riservato a questo “problema” nei notiziari nazionali, sembrerebbe che ogni anno le autostrade del paese siano percorse su e giù da migliaia di persone crudeli, a caccia di un palo a cui legare il proprio animale. L’idea è ridicola, ma purtroppo funziona molto bene perché sfrutta la componente emozionale di molti appassionati di animali domestici.

Naturalmente, siamo tutti d’accordo che abbandonare un animale domestico è una pratica odiosa, ma dare tanto risalto a questo tema, che numericamente è irrilevante, significa togliere spazio alla possibilità di mostrare problemi veri, ben più impattanti la vita delle persone.

Purtroppo il metodo funziona, e il risultato è tragico e comico allo tesso tempo: mentre il sistema bancario parassitico causa disoccupazione e debiti, mentre in medio oriente migliaia di persone vengono brutalmente torturate e uccise, mentre esiste un’epidemia di problemi legati allo stile di vita, come depressione e intolleranze alimentari… gli spettatori di notiziari e i lettori di giornali si arrabbiano e si commuovono per l’abbandono dei cuccioli.

6. Demonizzare la vera opposizione

tecniche-di-manipolazione-mediatica-demonizzare-vera-opposizioneLe istituzioni che detengono il potere si servono dei media mainstream per neutralizzare i veri oppositori, quelli che denunciano gli abusi e che iniziano a guadagnare abbastanza consenso da rappresentare una seria minaccia, usando una strategia semplice ma certamente efficace: dargli poco spazio, e quando gli si dà spazio, buttargli fango addosso.

Poco importa che un politico, attivista, giornalista, filosofo, abbia un passato irreprensibile. Se viene identificato dal sistema come persona scomoda, ci sono mille modi diversi di dipingerlo nei media facendolo apparire come estremista, disonesto, immorale, pazzo.

Basta riprendere un lungo discorso tenuto dall’oppositore, magari della durata di ore, e da quel discorso estrarre una singola frase che può essere equivocata, per poi sbatterla su tutti i giornali e discuterla in tutti i notiziari. E in termini semplicemente di immagini, l’oppositore può partecipare a un evento pubblico e parlare quasi sempre con espressione rilassata, ma dalle registrazioni di quell’intervento i media possono comunque estrarre un singolo fotogramma in cui l’oppositore ha fatto una smorfia, o un’espressione corrucciata, e piazzarla in prima pagina con un titolo insinuante.

Naturalmente, se il personaggio in questione non ha un passato irreprensibile diventa tutto più facile. Non mi stupirei affatto di scoprire che alcuni governi, o vari gruppi di potere, abbiano messo su degli interi uffici dediti a cercare errori fiscali degli oppositori, a tentare di intercettarli telefonicamente, e in generale a scavare a caccia delle loro magagne. Se hanno fatto il minimo errore, quasi sicuramente prima o poi verrà fuori e verrà sbandierato nei media.

7. Dare spazio alla finta opposizione

tecniche-di-manipolazione-mediatica-finta-opposizioneChi controlla i media sa bene che di opposizione c’è bisogno, almeno una.

Molte persone “nella massa” spesso non riescono a vedere le cause principali di molti dei loro problemi (es. la natura parassitica del sistema bancario, le corporazioni che incoraggiano il consumismo, il governo che lavora per sé stesso e le lobbies anziché per i cittadini), ma questo non toglie che riescano a sentire il dolore conseguente a queste cause: la frustrazione dovuta alla mancanza di tempo libero, la noia/stress dovuti a lavori insignificanti, l’infelicità dovuta a troppi oggetti e a troppe poche relazioni umane.

L’elite che detiene il potere capisce bene che questo sentimento negativo ha bisogno di una valvola di sfogo, altrimenti ci sarebbe davvero una rivoluzione che cambierebbe il sistema. E allora gliela fornisce, mettendo però in piedi un’opposizione fasulla.

Il che non richiede certo un gran lavoro: esistono molti personaggi che spontaneamente calzano bene il ruolo dei finti oppositori, basta tenerli frequentemente sotto gli obiettivi delle telecamere. Politici che nelle interviste si dichiarano contrari all’operato del governo (e poi dietro le quinte ci fanno accordi) o politici che davvero sono contrari all’operato del governo, ma hanno delle personalità e idee talmente bizzarre che quasi riescono a far riconsiderare i partiti principali di governo come “il male minore”.

8. Dare nomi positivi alle schifezze

tecniche-di-manipolazione-mediatica-giochi-linguisticiUn’altra classica tecnica di manipolazione, usata tantissimo nei media, è tutta basata sul linguaggio: si utilizzano nomi a cui istintivamente la gente associa una connotazione “positiva” per chiamare dalle gran schifezze fatte dalle corporazioni e dal governo.

Un semplice esempio, di cui ci si può accorgere più facilmente, sono gli spot commerciali in televisione (nota, per capire se un prodotto/servizio è spazzatura potete applicare questo criterio semplice ma praticamente infallibile: se lo pubblicizzano in televisione allora è spazzatura). Esiste una varietà enorme di snack pieni di coloranti, conservanti, e rifiuti tossici vari, i cui nomi contengono le parole special, happy, diet, light, natural.

Però ci sono altri esempi di manipolazione di più alto livello, tra cui molte manovre fatte dal governo, che non sono altrettanto evidenti per il pubblico. Azioni di guerra in paesi stranieri e occupazione militare diventano missioni di pace. Aumenti delle tasse vengono inclusi in piani per la ripresa o decreti sblocca-Italia. L’istituto per il monitoraggio fiscale viene chiamato equitàlia. E soprattutto c’è lei, la parola insensata che intasa i notiziari e viene ripetuta ovunque nei media come fosse un mantra: la crescita.

Leader politici e di corporazioni continuano ripetere ovunque l’importanza di avere crescita economica, e il pubblico spesso non si accorge di cosa davvero si nasconde dietro questo messaggio, proprio perché spesso alla parola crescita si associa qualcosa di buono.

La realtà è che perseguire la crescita infinita -dell’economia, della produzione, della popolazione- su un pianeta con risorse finite è insensato e pericoloso. Sarebbe più sensato, secondo me, parlare di sviluppo, ma questa parola nei media non si sente quasi mai. Il motivo per cui i leader della politica e delle corporazioni insistono invece con la crescita economica è che la crescita genera tasse, e le tasse pagano appunto lo stipendio ai politici stessi (che poi ridistribuiscono a cascata i soldi alle corporazioni “amiche”), e gli permettono di fare quello che vogliono fare.


Lascia che le tue opinioni siano davvero le tue

Si possono discutere parecchie altre tecniche, ma queste che ho appena descritto in questo breve elenco sono sicuramente tra quelle che io “sento” di più, e contro cui considero più utile tenere alta la soglia dell’attenzione.

A me sembra di scorgere gli effetti della manipolazione mediatica in molte persone, in cui appunto noto l’abitudine a parlare rigurgitando opinioni altrui, piuttosto che dando voce all’opinione propria.

manipolazione-mediatica-rigurgitare-opinioni-altruiIl metodo migliore per non cascarci, e per non lasciar cadere la propria opinione nel solco pre-confezionato e pre-scavato dai media è applicare il pensiero critico. Non credere a una storia o una notizia semplicemente perché ci credono tutti, o perché la fonte è una autorità. Rendersi conto che molti media sono perennemente a caccia di attenzione (“attention whores“), e che di conseguenza pubblicano intenzionalmente molte notizie che suscitano reazioni forti -rabbia, indignazione, eccitazione- proprio con l’obiettivo di catturare il pubblico.

E naturalmente chiedersi sempre, ogni volta che si ascolta un notiziario o si legge un giornale, se l’intenzione di chi sta diffondendo quella notizia è davvero mostrare dei fatti inalterati per informare il pubblico… o se invece l’intenzione è manipolarlo, per motivi di comodo.


Note:

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