Il lavoro nel futuro: umani o robot?

Una questione affascinante su cui riflettere è: chi lavorerà nel futuro, umani o robot?

I robot prenderanno in carico quasi tutti i lavori? E in questo caso, che cos’altro faranno gli umani durante il giorno, con tutto il tempo libero a disposizione? Oppure lo scenario non cambierà granché: seppure in una società più robotizzata gli umani continueranno comunque a lavorare gran parte del tempo?

Ai due diversi scenari corrisponde il cambiamento, o il mantenimento, del concetto stesso di lavoro e di alcune strutture, soprattutto il sistema del denaro e la produzione di energia. Facile capire che se cade la necessità di guadagnare denaro, e se cade la necessità di pagare l’energia, più facilmente cade anche la necessità di lavorare.

Voglio provare ad analizzare le due possibilità. Sulla prima posso offrire un punto di vista personale, considerando che mi ritrovo già a viverla: non ho un lavoro e ho tantissimo tempo libero. In questo caso c’è da valutare cosa succederà se la percentuale di persone che vivono come me, oggi una minoranza, aumenterà in futuro. Preferisco però partire dallo scenario più familiare e quindi semplice da immaginare: quello in cui gli umani continueranno a lavorare gran parte del tempo.

Gli umani continueranno a lavorare

Che la tecnologia continuerà comunque a svilupparsi mi sembra ovvio, per cui inevitabilmente continuerà la tendenza che va avanti ormai da un po’: cioè gli umani continueranno ad essere sostituiti progressivamente dai robot nel lavoro, visto che i robot in gran parte dei casi sono più precisi ed efficienti.

Per molte persone che hanno provato a prevedere il futuro, questo argomento è significato automaticamente che arriverà il giorno in cui l’umanità sarà liberata dal lavoro. Ma io non sono certo di condivire questo ottimismo. Mi sembra invece da non sottovalutare la possibilità che, man mano che i lavori umani passeranno di mano ai robot, sempre più lavori falsi verranno inventati per tenere occupati gli umani.

Con lavori falsi intendo lavori improduttivi, che non generano risorse concrete, o lavori superflui, che generano risorse in eccesso che poi vengono buttate via. In effetti tanti lavori di entrambe le tipologie esistono già adesso, e tengono occupata l’umanità già adesso. Per cui quello di cui sto parlando non è altro che una continuazione del fenomeno già in corso, che potrebbe sopravvivere e amplificarsi.

Oggi esempi molto evidenti di lavori improduttivi si vedono nel settore bancario e politico, mentre dei lavori superflui ne è diventato testimonianza internet, che ormai è decisamente ultra-saturo, perché inondato ogni giorno da nuovi contenuti creati da plotoni di giornalisti e autori, contenuti che però raggiungono un pubblico sempre più microscopico. Anche molte scuole odierne sono fabbriche di lavori superflui, dedicati a fornire agli studenti tante conoscenze che non useranno mai -quindi le butteranno via– in età adulta.

È plausibile che il futuro presenterà un quadro in cui, seppure nel contesto di una grande abbondanza di risorse generata da robot ancora più avanzati ed efficienti di quelli attuali, gli umani continueranno comunque ad avere pochissimo tempo libero, perché molto occupati in lavori inventati… appunto allo scopo di tenerli occupati.

Ci si può chiedere: lavori inventati da chi? Un complottista probabilmente risponderebbe “dal sistema”, e non c’è certo dubbio che il sistema trae beneficio dall’avere la maggioranza delle persone impegnata a lavorare, con poco tempo libero. In questo modo si ha una massa più ignorante e stanca, facile da manipolare. Io però credo che per lo più siano le persone stesse a tendere verso questi lavori inutili, senza troppa necessità di una qualche “agenda segreta” che ce li spinga.

Per capirne il motivo basta osservare come si comportano le persone quando hanno tempo libero: la maggior parte, in effetti, non è per niente a suo agio con il tempo libero.

Il tempo libero è interruttore che può causare un aumentato livello di coscienza, e un alto livello di coscienza spesso è difficile da sostenere: nascono domande a cui è durissimo rispondere, nascono tante incertezze. È per questo motivo che spesso le persone, quando non lavorano, fanno un lavoro sistematico proprio per abbassare il livello di coscienza: mangiando cibo spazzatura, guardando la televisione, facendo shopping, bevendo alcool.

In aggiunta a questa tendenza spontanea, come anticipato sopra, due fattori determinanti sono il denaro e l’energia. Se perdura un sistema finanziario simile a quello attuale, molti umani continueranno a trovarsi in una situazione di grande abbondanza di risorse (abbondanza che probabilmente si estremizzerà grazie ai robot), ma a tali risorse continueranno a poter accedere solo tramite il denaro, che quindi cercheranno di guadagnare lavorando. Similmente per l’energia: se non diventerà abbondante e di facile accesso per tutti, gli umani continueranno a lavorare per pagarla.

Inoltre potrebbe nascere tutta una serie di nuovi bisogni artificiali, a cui risponderebbero tanti nuovi lavori artificiali. Qui si può immaginare un numero di scenari più o meno distopici, ad esempio un pianeta in cui nonostante i robot avranno risolto completamente il problema di produrre le risorse essenziali, gli umani saranno comunque assorbiti da una gigantesca industria di intrattenimento, fatta di realtà virtuali e videogiochi, all’interno della quale continueranno a lavorare molte ore a settimana.

L’idea suona abbastanza inquietante, ma in effetti non sarebbe altro che l’acutizzazione di quello che succede oggi. In questo senso si potrebbe dire che il futuro è già adesso. L’unica differenza sarebbe che, se oggi la percentuale lavori reali vs lavori artificiali è qualcosa come 30% vs 70%, in futuro potrebbe sbilanciarsi ancora di più verso i lavori artificiali, e diventare qualcosa come 5% vs 95%. All’interno della piccola percentuale di lavori reali che sopravviveranno in futuro, probabilmente esisteranno quasi esclusivamente i lavori in cui il “fattore umano” (immaginazione, creatività, emozioni) è un vantaggio non sfidabile dall’efficienza robotica.

Riassumento brevemente quindi, in questo primo scenario molti umani continuerebbero a lavorare anche nel futuro, sia per sfuggire al tempo libero o sia perché continuerebbero a credere di dover lavorare. Questo implica che seguirebbero ad adottare il concetto di lavoro che esiste adesso (è “lavoro” se viene retribuito con denaro), e implica che seguirebbero a non accorgersi che lavorare per denaro, in un sistema finanziario simile a quello attuale, è come giocare a un tavolo di poker truccato a proprio sfavore.

Si tratta dello scenario che mi attrae di meno, perché prevede un’umanità futura molto inconsapevole, ma conserva comunque alcuni aspetti positivi, soprattutto per quella minoranza di persone che decideranno di non lavorare. Infatti visto che tutti gli altri saranno occupati a lavorare, per chi avrà più tempo libero ci saranno più opportunità disponibili, meno competizione, meno traffico, meno file, e così via.

Gli umani smetteranno di lavorare

La seconda possibilità consegue a una trasformazione più radicale della coscienza, e credo anche che corrisponda allo scenario più probabile. In effetti, tendo anch’io a dare per scontato che si andrà verso questo scenario nel futuro, se non fosse che la domanda “ma allora perché non è già successo?” mi fa essere cauto. La mia impressione è che una trasformazione avverrà, ma molto più lentamente di quanto prevedono alcuni.

In questa visione, le persone abbandoneranno in massa quello che oggi viene considerato lavoro. Volenti o nolenti, la disoccupazione arriverà per quasi tutti: alcuni abbandoneranno il lavoro consapevolmente e volontariamente, altri invece verranno spinti nella disoccupazione dai robot, da cambiamenti profondi del denaro (magari da fiat a criptovaluta), dagli imprenditori che renderanno l’energia abbondante e accessibile, da governi più piccoli ed efficienti.

Quelli che verso la disoccupazione ci verranno spinti, probabilmente, cercheranno più degli altri di tenere in vita un mercato di lavori falsi, che difficilmente sparirà del tutto. Gli altri però si saranno finalmente arresi all’evidenza: in un mondo altamente tecnologico e abbondante di beni e servizi, prodotti facilmente dai robot e accessibili a tutti, il vecchio concetto di lavoro non ha più senso: la sua motivazione di esistere, semplicemente, è sparita.

Tutte queste persone dunque si ritroveranno di fronte alla stessa questione che io ho già affrontato qualche anno fa, quando ho abbandonato il mio impiego: che cosa faccio durante il giorno? Fino ad oggi, per molte persone questa domanda probabilmente suonerebbe addirittura come minacciosa: la collegherebbero immediatamente alla domanda come farei a evitare la noia?. È da qui infatti che parte la ricerca di distrazioni, di attività che “tengano occupati” (quali sono ormai molti lavori esistenti).

Che succederà però nel futuro, se le persone ci guarderanno dentro a questa noia, anziché cercare di evitarla con l’intrattenimento? In effetti, se i lavori falsi avranno perso qualunque credibilità come opzione di riempi-tempo parziale, estendere le finzioni televisive e i videogiochi a tutto il tempo potrebbe farsi sentire come insoddisfacente per molte persone. Anche viaggiare nel mondo reale, un’attività che molti fantasticano di fare “se non fosse per il lavoro”, se fatto continuamente potrebbe non riuscire a scacciare la sensazione di mancanza di scopo.

Che cosa faccio con il mio tempo? è una questione difficile -persino esistenziale– visto che inevitabilmente fa nascere altre domande in catena: che cosa faccio con la mia vita? e quindi qual’è il senso della vita? In faccia a quest’ultima domanda potrebbero ritrovarsi a guardare in tantissimi nel futuro, molti più di oggi. E dalla gran varietà di risposte che giungeranno, il pianeta e la società potranno davvero trasformarsi in modi imprevedibili.

È possibile che, dopo svariate riflessioni, molte persone giungeranno a una conclusione simile a quella a cui sono giunto io: a meno di vivere la vita aspettando che si manifesti una qualche “divinità” o “autorità superiore” a rivelarci un senso della vita universale, che vale per tutta l’umanità (cosa che forse, probabilmente, non avverrà mai) è bene che ce lo assegnamo da soli, individualmente, un senso alla nostra vita. Il senso che scegliamo è proprio il senso della vita, quello “giusto”.

Tale scelta sarà cruciale per decidere se anche nel futuro noi umani continueremo a fare qualcosa durante il giorno, piuttosto che diventare una specie quasi del tutto inattiva, imboccata dai robot. Chi si sarà preso il tempo per decidere come usare la propria vita, avrà la motivazione per svolgere delle azioni.

A questo punto però, tali azioni faranno parte di un concetto di lavoro del tutto nuovo, profondamente diverso dal precedente, proprio perché profondamente diversa sarà la motivazione che lo genera. La motivazione non sarà più ottenere i “vecchi” beni e servizi, ormai in esubero e poco interessanti, ma sarà un impulso proveniente soprattutto dall’interno, e non più dall’esterno.

A un cambio così sostanziale nella motivazione che genererà il lavoro, conseguirà probabilmente un cambio sostanziale nei campi verso cui tale lavoro si indirizzerà. Difficile immaginare, in effetti, che in uno scenario in cui il lavoro sarà altamente facoltativo e gli umani decideranno di farlo a seguito di un processo di introspezione, gli sforzi verranno impiegati per produrre souvenir o educazione irrilevante. Possibilmente a ricevere una forte spinta saranno campi nuovi come la sperimentazione genetica, l’esplorazione spaziale, e soprattutto la ricerca sul funzionamento della mente.

Questo che descrivo qui, quindi, è uno scenario in cui gli umani smetterebbero di lavorare -ma per quello che è il vecchio concetto di lavoro-. Molti però potrebbero rimanere attivi adottando una nuova filosofia, ed è proprio secondo questa che potrebbero cominciare più spesso a sentire di voler “lavorare”.

Il mio percorso

Io alla questione che cosa faccio con il mio tempo? ho avuto la fortuna di arrivarci ben preparato. La disoccupazione è qualcosa che ho cercato e voluto fortemente. Il motivo della mia determinazione è venuto proprio dall’essermi preso del tempo per decidere quale fosse il senso della vita, per che cosa volessi usare la mia.

La risposta che ho trovato, che comunque si è raffinata col tempo e che continua a raffinarsi, è che il senso della vita è l’amore: l’amore che diamo e l’amore che riceviamo. In seconda battuta, il senso della vita consiste anche in esplorare e capire meglio l’universo, godere delle cose belle che esistono, e produrre nuove cose belle.

Questo tipo visione di questo tipo ha avuto effetti in tante aree della mia vita, e ovviamente anche sul mio concetto pratico di lavoro. Il concetto che avevo prima è diventato obsoleto e ormai non più proponibile. Lavoro è diventato aggiungere qualcosa di bello al mondo, e di alta qualità. Favorire la qualità rispetto alla quantità mi sembra imprescindibile a questo punto, visto appunto il grado di saturazione a cui è giunta la produzione umana in moltissime aree, sia di prodotti materiali che immateriali.

Trovo che per me funziona bene, tenere in mente questo principio generale: infatti qualunque sia il progetto specifico a cui decido di dedicarmi (che sia scrivere un articolo, produrre un documentario, costruire una casa…), mi ricorda sempre perché lo sto facendo e come farlo. Il che non comporta certezza di buoni risultati, ma trovo che mi motiva ad agire. È un principio che ha creato e crea con naturalezza attività da inserire nel mio tempo, quando sento di voler “lavorare”. In effetti è difficile ormai etichettarlo come tempo lavorativo o tempo libero, visto che il confine tra i due è irrimediabilmente diventato molto sfumato.

Raccogliere una cartaccia per strada è lavoro? Curare il giardino è lavoro? Anche quando le persone mi chiedono che lavoro fai? non sono proprio sicuro di cosa rispondere, anche se ultimamente me la cavo spesso con un rapido ed elegante “imprenditore”.

Riguardo a quanto lavorare, in questi ultimi anni ho sentito di lavorare sui miei progetti solo qualche ora al giorno, una quantità di tempo piccola che comunque mi ha fatto ottenere diversi risultati che mi sembrano buoni. I motivi per cui non ho lavorato di più sono essenzialmente due: il primo è che, effettivamente, non voglio perdermi tutto il bello che c’è “la fuori” nell’universo (e ce n’è tantissimo) lavorando gran parte del tempo.

Il secondo motivo viene da uno dei miei più grandi conflitti interni, spiegato bene dal famoso mito della caverna di Platone. Detto in breve, ho l’impressione che alcune delle cose più di valore che ho da dare al mondo (ad es. le informazioni utili che ho trovato) spesso al mondo in effetti non interessino granché, per cui spendere tantissime ore a lavorarci intorno forse non ha senso. Allo stesso tempo, non sono sicuro di voler lavorare tanto su qualcosa per cui c’è più interesse, ma che io non “sento” essere il mio forte. Questo è un dubbio che ancora non ho risolto, ma credo comunque che appartenga anche a molte altre persone, per cui non mi sento solo nel conflitto 🙂

In effetti, credo che è attraverso questo tipo di “percorsi” interni (introspezione, come ho scritto sopra) che potrebbe passare la ridefinizione del lavoro nel futuro. Se i lavori sopravviveranno assumendo una forma nuova, abbandonando quella corrente -spesso grottesca- di lavori falsi, tale forma potrebbe essere influita proprio da processi come quello di disidentificazione da parte degli umani con il ruolo lavorativo. Si parla insomma di “rivedere” la relazione con l’ego, una relazione niente affatto… facile.


Note: Seppure affascinante, questo argomento è a dir poco teorico e filosofico. L’articolo potrebbe avere qualche contraddizione, ma credo comunque che contenga diversi spunti utili.

Relativi: La funzione del lavoro, Qual’è la tua etica lavorativa?

Pensieri

Trovo che vicario sia una parola molto interessante, soprattutto perché descrive il comportamento di un numero enorme di persone.

Vivere la vita vicariamente significa viverla non in prima persona, direttamente, bensì in maniera partecipata: tramite qualcun altro. Alle esperienze di vita di questo “qualcun altro” il vicario partecipa tenendosi qualche passo indietro -a distanza di sicurezza- ma comunque abbastanza vicino da poterne osservare le avventure.

Un esempio straordinariamente diffuso sono i genitori che vivono la vita vicariamente tramite i propri figli. E’ facilissimo individuarli sui social network perché spesso come foto del profilo personale impostano -anziché una foto di se stessi- una foto di se stessi assieme ai figli, o addirittura dei figli soltanto. Non vedono nemmeno più se stessi come entità separate: si identificano completamente con i figli. Se in una conversazione chiedi loro “come va” o “ci sono novità”, passano velocemente a raccontarti di come stanno i figli, o di cosa stanno facendo i figli. Le gioie, le preoccupazioni, le esperienze più significative della vita riguardano i figli, dai quali vengono ricavate tutte le soddisfazioni e le insoddisfazioni.

Questo comportamento, cioè al momento in cui si fanno figli trasferire su di essi ogni progetto e contemporaneamente smettere di provare a realizzare qualunque progetto proprio, è talmente diffuso che è quasi considerato “normale”. Ma purtroppo questa concezione della genitorialità, come parassitaggio della vita dei figli, è la ricetta perfetta per l’infelicità: sia dei figli che dei genitori.

Un secondo esempio di comportamento vicario estremamente rilevante è dato da chi guarda molti film e serie televisive. Creare situazioni interessanti nella vita vera spesso richiede una certa dose di lavoro, per cui si preferisce provare l’eccitazione di una caccia al tesoro dal comfort di una sala cinematografica, o partecipare al flirt tra due attori attraenti dal divano di casa, magari senza doversi preoccupare troppo di tenersi in forma.

L’approccio e la motivazione sono esattamente gli stessi del caso precedente: i genitori vicari mandano avanti i figli per poi farne da spettatori, in questo caso si mandano avanti gli attori e di questi, ancora più propriamente, si fa da spettatori.


Ci ho messo un po’ ad avere chiaro perché molti adepti dello sviluppo personale -sia i “guru” che i “praticanti”- non mi convincono, e questo nonostante le idee che discutono spesso sono effettivamente molto valide.

Il motivo è che mi sembra che si concentrino troppo sui metodi, ad esempio “come stare in forma” o “come generare reddito passivo”, così tanto da perdere di vista che questi metodi servono soltanto a creare i mezzi per raggiungere uno scopo, ma non sono essi stessi lo scopo.

Mentre molti appassionati di sviluppo personale si concentrano in eterno su come stare in forma, come raggiungere l’indipendenza economica, come sviluppare la creatività, c’è gente che i metodi per stare in forma, avere libertà economica, sviluppare la creatività li applica già in modalità “pilota automatico”, senza né discuterne tanto né quasi ricordarsene, ma poi fa anche il passo successivo: utilizza lo stare in forma, la libertà economica e la creatività per produrre cose nel lavoro che fa.

Ad esempio, spulciando la pagina Wikipedia di molte persone di successo, attori, atleti, musicisti, imprenditori, saltano spesso fuori certe informazioni ricorrenti: prestano molta attenzione alla dieta, fanno esercizio fisico regolarmente, praticano yoga o meditazione, non spendono 40 ore in ufficio in cambio di uno stipendio ma al contrario, anche se lavorano in settori particolari (ad esempio gli attori), spesso hanno attività imprenditoriali “di lato”, e via dicendo.

Eppure raramente nelle interviste perdono troppo tempo a parlare di queste pratiche, per loro non rappresentano altro che routine necessarie, che fanno per mettersi nelle condizioni di fare un buon lavoro -in qualunque settore essi lavorino-.

Questo per dire che anche se apprezzo molto l’attitudine e le idee di parecchie persone nel settore dello sviluppo personale (settore in cui io “sguazzo” parecchio) più vado avanti e più tendo a prendere come riferimento non loro, bensì direttamente quelle persone di successo che già canalizzano i risultati del loro sviluppo personale nel lavoro. Quindi non tanto il guru della forma fisica, quanto l’atleta che usa la forma fisica nello sport. Non tanto il guru che “parla” di creatività, quanto il regista che la creatività la mette nei suoi film. E così via.


Ho notato che per molti adulti imparare a oltranza cose nuove, senza uno progetto preciso, costituisce una scappatoia rispetto a fare.

Me ne accorsi la prima volta al termine dell’università, notando tra i colleghi studenti -che come me si erano appena laureati- la tendenza a insistere, a voler studiare ancora. Dottorato, master, esami di stato, corsi di specializzazione. Alcuni addirittura ricominciavano tutto, per prendere una seconda laurea. Mi sembrava che solo pochi di quei ragazzi lo facessero seguendo una strategia precisa, per diventare docenti accademici. Gli altri parevano semplicemente voler mantenere lo status di “studenti” il più a lungo possibile, rimandando il momento del fare.

Sono passati molti anni, eppure questa tendenza a voler restare “studenti” la vedo ancora tra moltissimi adulti: coetani 35 enni, ma anche adulti ben sopra i 40 e 50 anni.

Un caso molto comune che noto oggi, ad esempio, è quello di imparare una lingua straniera. Mi vengono in mente diversi amici e conoscenti adulti che in questo periodo stanno studiando chi il francese, chi lo spagnolo, chi il cinese, chi il tedesco. Quasi nessuno di loro ha effettivamente un progetto a riguardo: “studio il francese perché voglio esportare prodotti in Francia”, ma ha la vaga motivazione “è pur sempre una conoscenza in più” e “non si sa mai potrebbe tornare utile”.

Questa filosofia mi sembra insensata -visto che per studiare si spendono risorse (tempo e impegno) che senso ha spenderle per sapere qualcosa che probabilmente non avrà mai effetti pratici sulla vita?- e soprattutto mi sembra sospetta: temo che si utilizzi l’imparare a oltranza, da adulti, come scappatoia per raccontarsi che si stiano facendo dei progressi nella vita… mentre in realtà si resta fermi nello stesso punto. Imparare è una scappatoia facile, perché è un’attività che gode di una buona reputazione nella società, è generalmente vista come importante e raccomandabile.

Io credo che arrivi il momento, da adulti, in cui è ora di “invertire il flusso”: smettere di concentrarsi ad assorbire continuamente nozioni nuove, decidere cosa si vuole fare nella vita, e farlo.

Farlo spesso significa ben altre cose che trastullarsi a imparare nozioni. Significa mettere in pratica quello che si sa già. Significa trovare il coraggio di lasciare il lavoro che si odia per iniziare a fare l’altro che si sa essere quello giusto. Per uno scrittore può significare la disciplina di mettersi ogni giorno al computer tot ore a lavorare, senza distrarsi coi social network. Per un atleta può significare la disciplina di allenarsi in palestra quotidianamente, e ripetere ogni giorno la scelta di rinunciare al cibo processato a favore di quello salutare.

In effetti forse sono solo queste due, le cose che davvero ci farebbe bene imparare da adulti: il coraggio e la disciplina.


Ci ho messo tanto tempo a capire in cosa consiste la meditazione, ma finalmente credo di esserci arrivato.

In effetti penso che sull’argomento ci sia molta confusione, cosicché molte persone “credono” di meditare, mentre in realtà stanno facendo altro. Dopo aver fatto anch’io parecchi tentativi maldestri in passato, oggi credo di averne capito abbastanza da poter fornire la mia interpretazione.

Meditare significa essere qui e adesso, un concetto che ormai è piuttosto famoso. Il problema con il qui e adesso è che è uno stato dannatamente difficile da sostenere. Lo vedevo nei miei tentativi di meditazione in passato. Sgombravo la mente da pensieri inutili e finalmente iniziavo ad assorbire la realtà intorno: il verde delle piante, il rumore dell’insetto che volava dietro di me, il rombo di un’automobile lontana. Ma tempo pochi secondi e mi ero già perso nei pensieri un’altra volta: che cosa mangio stasera a cena? …domani devo scrivere al commercialista… E così via.

Ogni volta, quando ritornavo qui e adesso accorgendomi che mi ero appena perso a fare una scampagnata tra i pensieri, la prendevo come una sconfitta, e lasciavo perdere per la frustrazione. Finché ho capito che invece è proprio questo il meccanismo pratico della meditazione.

Perdersi spesso nei pensieri è inevitabile per una mente poco allenata. E la mente è sempre all’opera a proeittarci pensieri inutili: ruminamenti di eventi passati, anticipazioni di eventi futuri, appiccicare etichette a qualunque cosa vediamo.

Ma il gioco è proprio, una volta che ci si è persi in questi pensieri, accorgersene e ritornare qui e adesso. Perdersi e ritornare qui e adesso. Perdersi e ritornare qui e adesso. Perdersi e ritornare qui e adesso. Tante volte, in modo simile a quando alleniamo i muscoli in palestra. Ho sentito fare questo paragone al giornalista Dan Harris, e mi è sembrato azzeccatissimo.

In palestra alleniamo i muscoli, facendo tot ripezioni sollevando i pesi. Nella meditazione alleniamo la mente, ritornando tot volte qui e adesso dopo esserci persi nei pensieri. Io oggi la meditazione la intendo e la pratico così, con lo stesso spirito con cui vado in palestra.


Sempre a proposito di mente, qualche tempo fa discutevo di temi “spirituali” con un amico, al quale ho fatto la seguente domanda: secondo te qual’è la differenza tra coscienza e mente?

Anche se in quel periodo cominciavo ad essere abbastanza familiare con i due concetti, tendevo ancora a confonderli, per questo gli chiesi un parere. La sua risposta fu semplice: secondo lui la mente è una creazione della coscienza. Su queste sue parole ho poi riflettuto diverse volte, e in effetti adesso mi sembra ovvio che sia proprio questa la differenza.

Secondo questa concezione quindi, la coscienza è un concetto “più grande” e la mente un concetto “più piccolo”. La coscienza ha creato la mente come uno strumento che ci ha messo a disposizione, un po’ come il corpo fisico, con la differenza però che la mente è impalpabile.

Anche se forse per molti questa rivelazione è una banalità, credo che per me sia stato molto utile vedere questa struttura triangolare: coscienza sopra, corpo e mente sotto, come strumenti “parimerito” a disposizione.

Mi è molto utile soprattutto per quanto riguarda la mente, della cui presenza mi sono spesso scordato in passato (e mi scordo ancora): sia per il fatto che è impalpabile, sia per il tipo di educazione che ho ricevuto, sia per il tipo di società in cui vivo.

Ricordandomi che la mente c’è mi ha fatto venire voglia di studiarla e informarmi su di essa, e questo mi ha fatto arrivare a concetti interessanti, ad esempio l’idea che esista una mente individuale ma anche una mente collettiva. All’atto pratico invece mi ha fatto venire voglia di allenarla, da qui appunto l’avvicinamento alla meditazione.

Manco a dirlo, dopo una certa quantità di allenamento, ad oggi la mia mente è ancora un bel casino (ho il sospetto che lo sia per molti però), ma sono fiducioso che anche lei metterà su qualche addominale prima o poi.


Note: Il libro da leggere per capire il concetto di qui e adesso è Il potere di adesso di Eckhart Tolle.

Sogni e indovinelli

Forse siete già familiari con i sogni lucidi. Si tratta di quei sogni in cui magari siete impegnati a fuggire da un mostro che vi insegue, o state volando sopra una città, o magari state semplicemente viaggiando in macchina con la famiglia, ma a un certo punto vi rendete conto che quella situazione non è reale. Improvvisamente, un dettaglio vi sembra esagerato, fuori posto, e scatta la molla: acquisite lucidità e capite di trovarvi dentro un sogno, anziché nella vita vera.

A questo punto possono succedere due cose: la prima è che vi svegliate subito. E questa è decisamente quella che accade più frequentemente. Nel momento in cui acquisite lucidità lo scenario crolla e uscite dal sogno, ritornando in questo mondo.

La seconda cosa che può succedere è che non vi svegliate, almeno non immediatamente. Non svegliarsi una volta che si è acquisita lucidità è estremamente difficile, eppure c’è un grosso premio in palio per chi ci riesce: la possibilità di esplorare e soprattutto manipolare il sogno.

Il bello di non svegliarsi

Io trovo fortemente desiderabile non svegliarmi appena acquisisco lucidità dentro i miei sogni, e non credo certo di essere l’unico. Nel mondo esiste un numero di persone dedite all’onironautica, che provano ad avere sogni lucidi più o meno regolarmente, navigando dentro di essi e manipolandoli a piacimento.

Non è difficile capire il motivo di questo desiderio: dentro un sogno lucido puoi far accadere di tutto secondo la tua volontà, ma proprio di tutto: da fluttuare nello spazio, a chiacchierare con un faraone dell’antico Egitto, a emettere fulmini dalle mani. I limiti di questo mondo spariscono, eppure nello stesso momento “senti” le cose in maniera straordinariamente vivida: proprio come se fossero reali, pur essendo cosciente che non lo sono, visto che sei in uno stato di lucidità.

Se da lucidi avete volato nel cielo, non più costretti dalla forza di gravità che vi àncora al suolo, o se avete gironzolato liberamente sotto i mari, non più vincolati a dover respirare aria, allora sapete bene quanto meravigliose siano le sensazioni che si provano. E per questo probabilmente ve la state godendo così tanto che l’ultima cosa che volete fare è svegliarvi.

In effetti, quando io divento lucido dentro un mio sogno quasi sempre mi precipito a modificarlo e creare una situazione per fare sesso, il che la dice lunga su quanto “altamente spirituali” siano i miei desideri più profondi. Ma quando succede, lo faccio sempre con una certa ansia: so che potrei svegliarmi da un secondo all’altro e perdermi tutto il divertimento.

Mi dico sempre: “mantieni la calma, non agitarti, non svegliarti”, ma alla fine mi sveglio tipicamente nel giro di pochissimi secondi, piuttosto contrariato. La più lunga delle mie esplorazioni/manipolazioni dei sogni è durata forse 10 o 15 secondi.

Avere sogni lucidi è difficile

La dimensione dei sogni lucidi è estremamente affascinante da esplorare, eppure il problema di restarci per più che pochi secondi è già un problema successivo. Il problema principale è proprio avere sogni lucidi, in primo luogo. Infatti di solito solo una percentuale minima dei sogni che facciamo sono sogni lucidi.

Nel mio caso, ho buona memoria della percentuale dei miei sogni in cui ho acquisito lucidità. Ad esempio, ricordo chiaramente un sogno di qualche tempo fa in cui scappavo inseguito da un mostro, spaventatissimo, in cui a un certo momento mi fermato pensando “ehi ma che cavolo mi agito a fare? Questo mostro non può esistere, questo è chiaramente solo un sogno.”, al che mi sono rilassato e poi svegliato, poco dopo.

Sfortunatamente questo tipo di presa di coscienza mi capita raramente. Il più delle volte, dentro i miei sogni, sono talmente occupato a interagire con personaggi assurdi o a partecipare alle avventure più pazzesche, che proprio non mi accorgo che “qualcosa non va”. E quando alla fine del sonno mi risveglio nel mio letto, sono quasi incavolato con me stesso: come ho potuto non accorgermi che quella situazione non era credibile!

E se i sogni servissero a metterci alla prova?

Molte persone, tra cui io, si sono chieste spesso perché sognamo.

E’ affascinante pensare che i sogni siano una prova che ci viene riproposta ogni notte, che superiamo appunto solo accorgendoci di stare sognando, entrando quindi in uno stato di coscienza differente in cui abbiamo accesso a poteri enormi. Ed è affascinante pensare che qualcuno, o qualcosa, proietti ogni notte un’illusione nella nostra mente, lasciando come indizi dei dettagli fuori posto, e che sta a noi notare tali dettagli per accorgerci che stiamo subendo un inganno.

E’ affascinante pensare che i sogni non servano a farci dormire, ma a farci svegliare. Ma non necessariamente a farci svegliare per ritornare subito in questo mondo, ma a farci svegliare dentro i sogni stessi, in modo da imparare a utilizzare il potere di creazione che abbiamo.

In effetti, una possibilità è che i sogni normali, quelli non lucidi, per noi esseri umani non siano nient’altro che l’anticamera a un campo di “esercitazione”, quello dei sogni lucidi, in cui possiamo praticare l’abilità di creare scenari, persone, creature, situazioni secondo la nostra volontà.

Vi suona familiare?

Se conoscete quella che oggi è conosciuta come legge di attrazione, forse il parallelo vi è già venuto in mente a questo punto. La legge di attrazione è il principio secondo cui noi esseri umani creiamo la realtà che ci circonda con i nostri pensieri. Il mondo che abbiamo intorno altro non è che il riflesso del nostro mondo interiore, e il lavoro che facciamo, le persone che incontriamo, le situazioni che ci capitano quotidianamente, sono conseguenza dei pensieri che occupano la nostra mente.

La legge di attrazione è davvero molto popolare, e oggi ha un grandissimo numero di fans, anche se ho l’impressione che ben pochi ottengano risultati.

Il motivo secondo me è che anche se molti dicono di crederci a parole, cercando quasi di autoconvincersi che è così, in verità nel profondo dentro di loro non ci credono. E questo vale parzialmente anche per me: io credo alla legge di attrazione probabilmente molto di più della media delle persone, eppure sono cosciente di non crederci al 100%, non ancora almeno.

Ad esempio, credo di essere fortemente responsabile di quali persone sono presenti nella mia vita sociale, e credo di avere un enorme potere decisionale sulla quantità di denaro che guadagno, e in generale credo che la mia vita sia per molti aspetti meravigliosa proprio perché ho deciso di volerla così. Ma non credo ancora di poter far apparire della materia col pensiero. Potrei dire che ci credo a parole, e in un certo senso sento che “farei bene” a crederci, ma non corrisponderebbe a quello che sento dentro. Ci sono alcuni vincoli di questo mondo che mi sembrano ancora totalmente fuori dal mio controllo.

Eppure so bene che nei miei sogni lucidi invece posso fare tutto, incluso materializzare persone e oggetti, e infatti lo faccio (divertendomi parecchio). Allora chissà che i sogni lucidi non siano appunto una dimostrazione? Una dimostrazione che è possibile fare praticamente qualunque cosa, e che ci suggerisce l’idea di poter seguire un processo simile anche in questo mondo, usando la legge di attrazione.

E se anche questo mondo servisse a metterci alla prova?

All’idea che esistano due livelli, quello interno dei sogni che possiamo riuscire a manipolare diventando lucidi, e quello esterno di questo mondo che possiamo riuscire a manipolare usando le nostre credenze, segue naturalmente l’idea di estendere la struttura e pensare che possano esistere n livelli: altri ancora più interni a quello dei sogni, ed altri ancora più esterni a questo mondo.

livelli-dei-sogniChe esistano degli livelli interni al livello dei sogni in effetti lo sappiamo già: si tratta dei sogni incapsulati, quelli che sperimentiamo quando ci svegliamo da un sogno e ci ritroviamo ancora dentro un sogno. Quindi stavamo sognando di stare sognando. Anche di questi, che tecnicamente si chiamano falsi risvegli, io ho avuto esperienza. E questo tra l’altro è il tema su cui si sviluppa il film Inception, che è basato su un’idea molto originale, seppure a mio parere è stato realizzato in modo molto confusionario.

Che esistano degli livelli esterni al livello di questo mondo, invece, non lo sappiamo bene. Eppure l’idea che proprio questo mondo possa essere anch’esso un sogno, una sorta di illusione, è già stata suggerita da tantissimi autori in tantissime forme. Le prime che mi vengono in mente: il libro Il piccolo principe (l’essenziale è invisibile agli occhi), i libri di Peter Kingsley (quel che non è lì, di fronte ai nostri occhi, è usualmente più reale di quello che c’è), il film Matrix (in cui quella che molti conoscono come “realtà” è invece una proiezione creata dalle macchine), il film Truman show (in cui quella che il protagonista conosce come “realtà” è invece una proiezione creata da altre persone).

Se l’idea corteggiata in queste e molte altre opere è vera, e quindi questo mondo che siamo abituati a considerare assolutamente “reale” invece è anch’esso solo una specie di sogno, ne segue la vita che viviamo al suo interno può essere vista a tutti gli effetti come una prova, un rompicapo da risolvere, un indovinello. E il primo passo per arrivare alla soluzione sta proprio nel vedere l’illusione: acquisire lucidità anche qui.

La vita come un indovinello

Naturalmente, del fatto che la vita costituisca un gigantesco enigma e che quindi il nostro compito sia risolverlo, questo indovinello, non esiste alcuna prova. Né esiste prova che questo mondo che percepiamo coi nostri sensi sia solo parziale, e che esistano dei livelli esterni. Si tratta di un’affascinante speculazione.

Scegliere di credere che nella vita non ci sia niente di cui accorgersi, o scegliere di credere che nella vita ci sia qualcosa di cui accorgersi: questa è una decisione assolutamente personale, che tutti noi prendiamo più o meno coscientemente, basandoci esclusivamente sul nostro intuito. Nessuno potrà darci garanzia che abbiamo fatto la scelta giusta o sbagliata.

Eppure tenete in conto che questa scelta ha un impatto enorme sulla vita che ci ritroviamo a vivere. Perché nel primo caso sarà una serie di eventi, persone, immagini, che si susseguono senza un motivo particolare, fino alla morte. Nel secondo caso stiamo raccogliendo indizi. Quando degli eventi o delle persone entrano nella nostra vita, tendiamo a domandarci se ci sono entrate per farci accorgere di qualcosa. Sono lì per farci capire che ci stiamo facendo distrarre da illusioni? Sono lì perché le abbiamo materializzate noi?

Quando decidiamo che nella vita c’è qualcosa da scoprire (che ci si può svegliare, che si può manipolare fortemente il mondo esterno) noi stessi cambiamo tantissimo. Ci crescono dentro delle antenne che ci rendono più abili a notare le coincidenze, le cosiddette sincronicità, i deja vu. E tendiamo a mettere di più in dicussione le cose, senza dare per scontato che la realtà “sia la realtà” e basta.

Il mio indovinello personale

Io tendo a scegliere il secondo approccio: credo di essere in vita perché ho qualcosa da qualcosa da imparare, qualcosa da fare. E sento che c’è qualcosa da capire in tutta questa storia, anche se non mi è necessariamente ben chiaro cosa.

Il motivo di questa mia scelta è semplice: me lo dice il mio intuito, e oltretutto è anche l’opzione più eccitante.

Visto che nessuno può stabilire con certezza se è vero o no che la vita sia una specie di sogno, in cui c’è effettivamente da svegliarsi rispetto a qualcosa, decido io che è così. Mi sembra la decisione più sensata visto che riempie la vita di una magia particolare, una magia che io ho avuto la fortuna di provare già diverse volte.

Mi sono svegliato da una serie di illusioni che mi hanno tenuto distratto per anni in passato, ad esempio l’importanza del denaro, e questo è stato il punto di partenza da cui sono davvero iniziate ad apparire -o moltiplicarsi- cose magiche nella mia vita. I tramonti di una bellezza indescrivibile, le avventure di viaggio e le esplorazioni in posti nascosti, tutti per me, le persone che mi hanno fatto sentire capito e amato, scenari e atmosfere completamente nuovi, sono entrati nella mia vita solo dopo aver acquisito lucidità, dopo essermi liberato da delle illusioni ridicole dentro le quali prima mi muovevo e mi agitavo, incosciente.

Penso di essermi svegliato rispetto a una certo numero di llusioni, e per certi versi penso di vivere in questo mondo in uno stato di lucidità, ma probabilmente si tratta di un risveglio parziale. Probabilmente ci sono ancora molte altre illusioni che mi distraggono e mi tengono addormentato, ma di cui ancora non riesco ad accorgermi. Chissà quali e quante sono.

In effetti mi chiedo fino a che grado ci si può svegliare in questo mondo. Si può riuscire a notare abbastanza indizi da raggiungere una sorta di risveglio completo? Si può riuscire ad acquisire un livello di lucidità tale da poter davvero applicare efficacemente la legge di attrazione, e manipolare al 100% la materia e gli eventi?

E’ affascinante chiedersi se qualcuno c’è mai riuscito nel corso della storia, e se si in quanti. E dopo che fine hanno fatto? Sono ancora in questo livello, impegnati a plasmare l’universo, o si sono svegliati in un livello successivo, alle prese con un altro sogno più grande?

Chissà quanti sogni ci sono in totale nella struttura a cipolla? Chissà quanti sono gli indovinelli da risolvere?


Note: ho scritto che nei miei sogni lucidi “posso fare tutto”, ed è così, però voglio precisare che io spesso sperimento una certa inerzia nel manipolare i miei sogni. Quando divento lucido, se ad esempio provo a materializzare delle persone, queste di solito non appaiono immediatamente ben delineate, ma le loro sembianze si formano lentamente, con una certa fatica, e nello sforzo di renderne chiaro l’aspetto spesso mi sveglio. Mi chiedo se dipende dalla mia poca pratica.

Relativi:

Cose importanti che ho imparato

Queste sono alcune delle cose più importanti che (penso) di aver imparato, o che sono nel processo di imparare, in questi ultimi anni della mia vita.

Spiritualità

● L’enorme potere della parola grazie.

● Il concetto di coscienza. Che ci sono diversi livelli di coscienza a cui la gente vive. Che anche la musica, i film, l’arte, gli oggetti hanno il loro livello di coscienza.

● Non è la coscienza ad essere creata dalla materia, ma esattamente l’opposto: la materia è creata dalla coscienza.

● L’ateismo ha un punto di vista fisso, piuttosto sterile. Dopo essersi diplomati dall’ insensatezza religiosa, è possibile, e necessario, diplomarsi ulteriormente dall’ateismo per continuare a progredire nel percorso dell’ evoluzione spirituale.

● Lo scetticismo cronico è un’ attitudine molto controproducente. Prima ero uno scettico cronico, che non credeva “in niente”. In questi giorni preferisco tenere gli scettici cronici a distanza.

● Ho imparato alcune grandiose lezioni dai libri di Eckhart Tolle, in particolare queste tre:

  • cosa significa essere presente, l’idea di essere qui e adesso. E ho realizzato che solo una frazione dei pensieri che fluiscono nella mia mente è utile. Il resto sono un rumore che mi distrae, inutile e ripetitivo.
  • che cos’è l’ego. Ho realizzato di avere un ego, e uno terribilmente difficile da domare.
  • il meccanismo del dramma che guida molte relazioni umane. Gran parte delle persone tendono a creare drammi non necessari e evitabili, per alimentare una piccola “bestia” che hanno dentro, una bestia che si nutre di emozioni negative.

Di questi tre concetti, penso di capire bene la teoria dietro i primi due, ma faccio ancora schifo nel trasformare questa teoria in pratica. Ci sono ancora più pensieri inosservati e più finzione in me di quanto mi piacerebbe avere. Con il dramma, invece, penso di andare bene sia in teoria che in pratica. Non sono mai stato una gran drama queen.

● La regola migliore da applicare con le persone che provano a incominciare un dramma è: non partecipare. Lasciarli gridare, gesticolare, piangere, restando assolutamente calmi, composti, in silenzio, replicando solo cose come “si, hai ragione”, finché si spengono.

● La vita è sul trovare il punto di equilibrio a metà tra due tipi di consapevolezza:

  • che noi, esseri umani, abbiamo un potere enorme e un grande controllo sulle nostre vite, e che siamo capaci di realizzare cose meravigliose, gigantesche, sensazionali.
  • che ci sono cose nelle nostre vite che non controlliamo affatto, e quelle cose potrebbero distruggere tutto quello che abbiamo costruito, in ogni momento.

Il trucco è riconoscere che sono entrambe vere, ma poi decidere di avere fede, e lavorare duramente per realizzare le cose meravigliose.

● Guarire non corrisponde a sentirsi rilassati e comfortevoli tutto il tempo. Guarire, di solito, significa dolore e sforzi.

● La legge di attrazione ha moltissimo senso, però sembra che molta gente non afferri la parte attrazione in essa. Dopo aver creduto che qualcosa succederà, è necessario lavorare -spesso duramente- per farla succedere.

● Ogni persona può essere un eroe. Anche se molte persone oggi considerano il coraggio come un tratto riservato ai personaggi dei film soltanto, chiunque può coltivare il coraggio e applicarlo alla vita vera, questa vita.

● La vita prova a “parlarci” costantemente, e prova a insegnarci lezioni tutto il tempo. Le persone che incontriamo, gli eventi che ci succedono intorno, spesso hanno dei messaggi per noi. Dobbiamo rimanere ricettivi, con un’antenna, per captare il messaggio.

● I sogni meritano molta più attentione di quanta ne ricevono comunemente: i sogni “normali” che abbiamo durante il sonno, i sogni lucidi in cui possiamo manipolare l’ambiente -sono davvero una figata-, e anche i sogni a occhi aperti. È vero, come ho letto da qualche parte, che i sogni non sono fatti per farci dormire, ma per farci svegliare.

● Gesù Cristo, probabilmente, non è mai esistito come figura storica. È un carattere fittizio che fu inventato dagli antichi Romani, come strumento di propaganda per dominare gli Ebrei del tempo. Ho sentito questa teoria nel documentario “Caesar’s Messiah”, e la considero non solo molto credibile, ma anche una rivelazione super sensazionale!

Amore

● L’amore è molto più grande del solo amore romantico, il tipo di amore nella relazione di coppia che viene dipinto estesamente nei film e nei libri. Quello è solo una parte, ma c’è anche l’amore per gli amici, la famiglia, gli sconosciuti, gli animali, le piante, l’arte, il lavoro, la vita.

● La gelosia non ha senso. Di fatto è una conseguenza di confondere erroneamente l’amore di coppia con l’amore vero.

● Se c’è un significato nella vita, è l’amore. Alla fine della storia, quello che conta davvero è l’amore che abbiamo dato, e l’amore che abbiamo ricevuto.

Me stesso

● La sfida più importante e difficile nella mia vita è imparare a gestire le mie emozioni. Sono consapevole che se voglio riuscire a raggiungere i miei più grandi traguardi, questa è un’abilità necessaria da padroneggiare. Non ho altre vie.

● Non farò progressi significativi nella vita imparando un sacco di nuove nozioni. Li farò, invece, imparando alcune nozioni specifiche, e coltivando virtù come il coraggio, l’onestà e la disciplina.

● Praticare l’introspezione, per scoprire cosa c’è dentro me stesso, è molto difficile e doloroso. È anche l’avventura più entusiasmante. Ed è anche piuttosto strano: ricerco, studio, faccio sforzi, tutto questo senza nemmeno sapere che cos’è quello che sto cercando. Ma ho un forte istinto che devo continuare a scavare.

● Gli stimoli con cui nutro me stesso (film, libri, musica) impattano direttamente il modo in cui penso, e il modo in cui mi sento. Per quanto possa sembrare ovvio adesso, non ero consapevole di questa connessione alcuni anni fa. In questi giorni, evito coscientemente di guardare film horror, o leggere libri riguardo assassini e psicopatici, per esempio. Preferisco dare in pasto alla mia mente argomenti felici.

● Ci sono così tante cose che non so. Ma più cose nuove scopro, più cresce dentro di me il senso che ce ne sono altre da scoprire…

Persone

● Avere pensieri originali è estremamente raro. Gran parte dei pensieri che circolano nella mente della gente sono pensieri di qualcun altro.

● Molte persone, quando parlano, semplicemente rigurgitano cose che gli sono state insegnate da bambini. Lo fanno a ripetizione, tutta la vita, senza mai applicare un po’ di pensiero critico per decidere se quegli insegnamenti avessero senso o meno.

● Semplicemente perché qualcuno parla più forte, o ha un microfono in mano, non significa che meriti più attenzione.

● C’è una differenza enorme tra cultura e saggezza. Molte delle persone che conosco sono piuttosto colte, ma pochissime sono sagge.

● Il mondo è pieno di corruzione, odio, disonestà, eppure nel mezzo di questo casino ci sono alcune persone con un’anima incredibilmente bella. Sono così preziose che danno un senso alla missione di ricercarle.

● È una grande abilità essere capaci di parlare, e agire, senza farsi guidare delle emozioni. Ed è importante riconoscere quando le altre persone, specialmente quelle vicine, come i familiari e gli amici, danno suggerimenti dettati dalle loro paure e insicurezze, in modo da scartarli.

● Molte persone non cambiano mai. Per quanto vengono esposte a informazioni chiare, utili, che potrebbero usare per risolvere i loro problemi, esse ignoreranno quelle informazioni e continueranno a sbattere la testa con gli stessi problemi, anno dopo anno, per tutta la loro vita. È meglio non perdere tempo insistendo ad aiutarle, ma focalizzarsi invece su quelli che sono pronti ad accettare soluzioni.

● Il modo migliore per rapportarsi con le persone depresse è starne lontano. La felicità è una scelta, e molte persone depresse semplicemente scelgono di essere infelici.

● Ci sono cose che le masse fanno, ma poco importa quante persone le facciano: non hanno comunque nessun senso, per cui non c’è nessun bisogno di unirsi al coro. Due grandi esempi in questa categoria sono:

  • rivolgersi alla politica per avere risolti i problemi della società.
  • lavorare in posti di lavoro in cui si scambia il tempo con il denaro.

Denaro

● Il denaro è un argomento eccitante, e non noioso come pensavo prima. Il denaro è utile per capire le emozioni della gente, soprattutto la paura.

● Il denaro è sostanzialmente solo un costrutto mentale.

● Il denaro favorisce quelli che lo producono e controllano (banche e governi) e schiavizza quelli che lo usano (i cittadini).

● Avere un lavoro regolare non è l’unico modo onesto di guadagnare denaro, i sistemi di reddito passivo sono un’altra opzione, e molto più intelligente sotto molti punti di vista.

● Economia e finanza sono due cose molto differenti. L’economia è più riguardo le persone, come si comportano nel mercato per andare incontro ai loro desideri. È un argomento molto più concreto, utile da studiare. La finanza invece è sui soldi di carta, banche, grafici, titoli: tutte queste cose fanno parte di un circo che non aggiunge essenzialmente alcun valore alla vita delle persone.

● Fare il passaggio da impiegato a imprenditore richiede un grande cambio di mentalità. Un imprenditore ha bisogno di abilità molto differenti: per esempio è necessario capire di più la psicologia delle persone.

● Capire la legge della domanda e dell’offerta è super utile, e non solo per un imprenditore che manda avanti un’attività, ma per chiunque, perché si applica a molte situazione di vita quotidiana.

● Non puoi fare la cosa giusta, se sei nel posto sbagliato. Per esempio, anche se lavori duramente, diligentemente e efficientemente, ma stai fornendo il tuo lavoro a istituzioni che producono zero (o sottraggono) valore alla società -come corporazioni bancarie o produttori di sigarette- stai solo illudendo te stesso che stai “facendo un buon lavoro”.

● Penso di capire il denaro bene abbastanza, adesso, da essere capace di diventare molto ricco se lo desidero, in maniera onesta, e senza nemmeno lavorare troppo. Però, non ho ancora deciso se questo è quello che voglio. Molto denaro mi permetterebbe di sviluppare alcuni bei progetti in grande scala (come costruire ospedali, scuole, media educativi), ma dall’altra parte, attrarrebbe inevitabilmente l’attenzione del governo. E non sono sicuro di voler spendere il mio tempo avendo a che fare con una simile struttura gigante e predatoria. Devo riflettere ulteriormente su questo.

● Una delle cose più pazze del mondo moderno è che molte persone passano una vita intera a lavorare per denaro, senza nemmeno capire per cosa stanno lavorando. Non si prendono mai un po’ di tempo per capire come il denaro viene prodotto, da chi, come funziona.

● Poche cose ti metteranno in una posizione inusuale come diventare libero finanziariamente. Mentre tutti parlano, agiscono e si muovono guidati dal desiderio di fare soldi, tu sei parte di una piccolissima minoranza che si focalizza su altri argomenti.

Salute

● Avere una dieta salutare essenzialmente richiede due cose:

  • sviluppare una conoscenza riguardo la nutrizione (in particolare capire il concetto di densità di nutrienti dei cibi).
  • disciplina.

● I prodotti basati sulla farina raffinata (come pasta e pane) sono quasi altrettanto poco salutari quanto lo zucchero bianco. Non ha senso, come facevo fino a qualche anno fa, evitare lo zucchero come un fondamentalista ma poi abbuffarmi di pasta e pane ogni giorno.

● Se c’è un cibo che devo stare sempre attento a non mangiare, è il cibo bruciato. Le croste nere sotto la pizza, sul pane tostato, sulla carne grigliata sono carichi di una quantità disastrosa di tossine.

● Gran parte del miele venduto nei negozi è altrettanto non salutare quanto lo zucchero bianco, perché è pastorizzato, scaldato a alta temperatura, questo gli da quella consistenza trasparente e fluida come di uno sciroppo. Il miele grezzo è quello da scegliere.

● I latticini con percentuali ridotte di grassi, o completamente scremati, sono in realtà meno salutari delle loro controparti intere. Il grasso nel latte, nello yogurt e nel formaggio è utile per digerire la vitamine lipo-solubili. Quindi è meglio mangiare questi cibi in versione intera.

● La dieta impatta la salute complessiva, e anche la figura, più di quanto faccia l’esercizio fisico.

● L’esercizio è utile, ma farne troppo può stressare i corpo e “consumarlo”. Avevo l’abitudine di andare in palestra 3/4 volte a settimana, in questi giorni preferisco andare un paio di volte e prestare più attenzione al modo in cui mangio, invece.

● Nonostante sia super popolare, fare jogging non è poi così salutare. Quando una persona corre, i tessuti e gli organi del corpo sballonzolano su e giù, su e giù, su e giù, e questo è piuttosto stressante -e invecchiante- per l’organismo. È molto più salutare a lungo termine preferire attività come il sollevamento pesi moderato, lo yoga, la ginnastica.


Note: Mi aspetto che queste comprensioni resteranno valide per molti anni a venire, quindi ho scritto questo post come un promemoria per me stesso, con alcune indicazioni utili da seguire in futuro. Sarà anche interessante vedere se cambierò opinione su alcune di esse, e se avrò voglia di aggiungerne altre.

Differenze tra religione e spiritualità

Prima di iniziare a discutere quali sono le differenze tra religione e spiritualità, voglio sottolineare che è già molto importante realizzare che esse sono differenti.

Infatti molte persone, me incluso fino a qualche anno fa, vedono la religione e la spiritualità come la stessa cosa. Quando sentono qualcosa del tipo “lei è una persona molto spirituale”, tipicamente immaginano qualcuno che prega in chiesa, crede in dio, e aderisce a una religione o l’altra. Ma questo è un errore comune, perché la verità è che religione e spiritualità sono due cose completamente differenti.

È perfettamente possibile essere religiosi e avere poca o nessuna spiritualità (basti pensare a quelli che uccidono in nome di dio), ed è perfettamente possibile essere spirituali senza entrare a far parte di alcuna religione particolare.

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Quindi quali sono le differenze? Iniziamo con la prima, che è la più ovvia:

1. Oggi, la religione è molto più sotto i riflettori rispetto alla spiritualità

Molte persone nel corso delle loro vite entrano in contatto con la religione. Per esempio sono nate in una famiglia religiosa, come me, o gli viene insegnata religione a scuola. A volte hanno una chiesa o una moschea nel quartiere, dove vengono celebrate funzioni religiose.

Ai discorsi dei capi religiosi viene dato molto spazio nei media. In effetti c’è un’intera macchina di propaganda in favore della religione, mentre in confronto c’è uno spazio minimo riservato in tv e giornali per spiegare cos’è la vera spiritualità e come incorporarla nella nostra vita.

Il fatto è che in un modo o l’altro, è quasi impossibile oggi non avere un’idea su cosa sia la religione, quante religioni ci sono, e quali sono le loro regole. D’altra parte, è molto possibile, durante una vita intera, non entrare mai in contatto con la spiritualità

Ed è molto possibile ignorare che c’è un’altro modo, un modo più semplice e profondo, per investigare quell’impressione “ci potrebbe essere qualcos’altro” che molti di noi hanno. Così, molte persone hanno domande sulla parte speciale e misteriosa della vita, domande su quello che va oltre la forma, domande sul significato della vita -se ce n’è uno, e qual’è-, ma siccome la società promuove solo la religione come la strada da percorrere per questo tipo di domande, raramente trovano risposte soddisfacenti.

Ed è per questo che molte persone, dopo aver ascoltato le risposte fornite dalla religione, che sono a volte parziali o incongruenti, semplicemente mettono a tacere tutti i propri sentimenti interni, fermano ogni tentativo di crescita spirituale, e decidono che “non c’è niente”. Così è come molte persone arrivano all’ateismo, come ho fatto io.

2. La religione divide, la spiritualità unisce

Un cospirazionista probabilmente vedrebbe la diffusione delle religioni come il modo più riuscito in cui il metodo “divide et impera” è stato applicato. Incoraggiando l’idea che sei tra quelli “salvati” o uno degli altri, che sei nella luce di dio o sei uno di quelli senza dio, o ancora peggio con il dio sbagliato, le religioni hanno promosso innumerevoli conflitti e causato molti morti nella storia.

L’opposto è la spiritualità. L’essenza della spiritualità è la connettività. Quando ti connetti con la tua essenza interiore, quando procedi nel percorso della coscienza, realizzi che tutto, da te stesso, alla tua famiglia, all’omicida seriale che vedi al telegiornale, a un pesce che vive nelle profondità dell’oceano, è parte di un enorme organismo vivente. Sei connesso con tutti e tutto.

E questa è la ragione per cui una vera persona spirituale non vuole guerre, non vuole danneggiare nessuno o l’ambiente inutilmente: realizza che in questo modo danneggerebbe l’organismo di cui lui stesso è parte. Una persone cosciente e spirituale vuole vivere in un organismo salutare e felice. E spesso sente di voler dare un contributo diretto per ottenere questo. Il che ci porta a un’altra importante differenza.

3. La religione si focalizza molto sulla preghiera, la spiritualità sposta il fuoco sul contributo

A livelli diversi, la religione si focalizza molto su attività come la preghiera e la meditazione, come strumenti per connettersi a dio. E mentre questi sono strumenti meravigliosi per creare pace interiore, c’è un piccolo problema con queste: sono autoreferenziali e molto introverse. Se prego, probabilmente porterò pace e felicità a me stesso. Che è meraviglioso, ma è necessaria anche una forte attenzione al passo successivo: distribuire questa pace e felicità all’esterno.

Quando smetti di focalizzarti sulla mera pratica religiosa e maturi la tua spiritualità, quel sentimento di connettività col mondo ti fa inevitabilmente voler dare il tuo contributo. Vuoi agire. Molte persone fanno lavori di volontariato, fanno donazioni a organizzazioni utili, o semplicemente usano il proprio talento nel loro lavoro per servire gli altri nel miglior modo che possono.

Infatti, scegliere il lavoro giusto per te, svolgerlo con passione per produrre qualcosa di valido per gli altri, è probabilmente il modo migliore di stare in contatto con il tuo lato spirituale. Nessuna preghiera al mondo crea più felicità a te e a quelli vicino a te, che fare ciò che sei capace di fare bene. Ci sono molti esempio di persone che hanno applicato questo principio nella storia. Si sono focalizzati sul contribuire, e hanno creato cose speciali.

Pensa a tutti gli artisti che hanno creato capolavori, gli sportivi che hanno prodotto prestazioni emozionanti, gli scienziati che hanno fatto scoperte che ci hanno cambiato la vita, o semplicemente quelli che hanno fatto i lavori più umili con determinazione e costanza, con l’obiettivo di produrre beni per gli altri.

4. La religione si affida pesantemente alle parole, la spiritualità no

Anche la parola spiritualità, che sto usando molto in questo articolo per semplificare le cose, è una sorta di abuso. Una vera persona spirituale realizza che le parole sono uno strumento molto limitato e inadeguato per spiegare l’essenza della vita.

È per questo che raramente troverai una persona con una forte coscienza e spiritualità che si offenderà perché bestemmi il nome di dio. Per una persona spirituale dio è solo una parola di tre lettere. E’ solo un’approssimazione. E invece di offendersi o arrabbiarsi perché bestemmi, probabilmente ti domanderebbe perché lo stai facendo, e cosa significa “dio” per te. La persona spirituale tipicamente vuole connettersi con gli altri e capire la loro visione del mondo, anche quando è differente.

Dall’ altra parte, cosa succede quando bestemmi il nome di dio in presenza di persone religiose? Nel caso migliore ne farai arrabbiare molte, nel caso peggiore verrai ucciso.

Le religioni amano le parole, e specialmente le etichette. Esse incoraggiano l’idea che se hai un nome per qualcosa, conosci quel qualcosa. Che è falso, perché anche se sai che un frutto si chiama mela, non saprai mai che gusto ha finché non la mangi.

5. Gli insegnamenti religiosi sono ispirati a insegnamenti spirituali, ma non viceversa

Molte delle religioni moderne sono nate centinaia o migliaia di anni fa, basate su insegnamenti spirituali che sono attribuiti, per esempio, a Gesù o Buddha. Così le religioni sono decisamente state ispirate da insegnamenti spirituali, ma il viceversa non è vero: i maestri spirituali non si sono mai curati molto delle religioni, e spesso non hanno dato alcuna istruzione esplicita di costruire tutte quelle infrastrutture religiose che sono state create dopo di loro.

Sulla fondazione della spiritualità originale, gli uomini hanno costruito molti templi, gerarchie, e codici di condotta. Ma con il tempo, questi derivati sono diventati sempre più distorti, e distanti dalla fondazione iniziale. Queste distorsioni hanno portato alle crociate, inquisizione, schiavitù, manipolazione, cose che qualunque dio ragionevole probabilmente non vorrebbe mai.

Quindi questa è una differenza importante. La spiritualità non è cambiata nel tempo, perché parlare dello spirito significa parlare dell’essenza dell’universo stesso, e noi pratichiamo la spiritualità cercando di avvicinarci a questa essenza e cercando di capire cosa sia.

Invece le religioni sono cambiate molto nel tempo, e dall’ iniziale alto livello di coscienza, che avevano centinaia o migliaia di anni fa quando sono nate, molte religioni sono declinate nel loro livello di coscienza, e alcune di esse ora sono molto lontante da dove erano all’inizio.

6. La religione è a più alto rischio di stagnazione, la spiritualità è ricerca

La pratica religiosa da sola, quando non è accompagnata da un’adeguata presenza spirituale, rischia di divenire una serie di preghiere ripetitive che sono effettuate nella stessa maniera, con gli stessi cicli di pensiero, anno dopo anno. Siccome molte risposte sono già lì (chi ha creato il mondo, come comportarsi, cosa è giusto e cosa è sbagliato) non c’è un grande incoraggiamento alla ricerca.

Ricerca che è, invece, un’altra parola chiave importante legata alla spiritualità. La tipica persona spirituale è abituata a molta introspezione, ma è anche molto presente e vigile a quello che viene dal di fuori. E fare questo tipo di ricerca dentro e fuori è decisamente un compito difficile, e richiede un duro lavoro.

Ma se ci sono delle domande enormi sulla vita, che sono incredibilmente complesse, allora è ragionevole aspettarsi che le risposte non siano preconfezionate, e non siano nei percorsi familiari e nei rituali. E’ anche ragionevole aspettarsi che tali risposte richiedano ricerca personale, e una condizione necessaria è che si inizino a mettere in discussione i dogmi comunemente accettati. In questo modo puoi trovare nuove lenti attraverso cui puoi vedere il mondo in modo differente, e probabilmente in modo più chiaro.

Ora, un paio di concetti cruciali che voglio portare a casa alla fine di questo articolo.

Il primo, una ripetizione utile di cosa ho scritto all’inizio, religione e spiritualità sono due cose completamente differenti. Esse POSSONO convivere, e ci sono esempi ispiratori di persone religiose che erano davvero in contatto con il loro lato spirituale, ma tieni ben presente che far parte di una religione non è decisamente una condizione necessaria.

Nessuna regola dice che: per credere in dio, essere una persona buona, avere buoni valori, essere positivi, felici e soddisfatti nella vita tu debba usare la religione come intermediario.

Questi sentimenti, le domande legate a una possibile vita ultraterrena, alle origini dell’universo, alla connessione con gli altri esseri, tutte queste sono materia spirituale. Ed esse possono essere ricercate, discusse, studiate, e perfettamente elaborate con un semplice, diretto, approccio spirituale.


Note:

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